E Giorgetti suggerì a Salvini: "Fai il congresso, così ti rafforzi"

Valerio Valentini

Il partito dilaniato dai contrasti s'avvia verso le amministrative, con la prospettiva di una batosta. Intanto anche Morisi, il padre della Bestia, lascia la macchina dei social. "Motivi personali", dice, ma c'è chi riferisce di baruffe tra pretoriani. Il ministro delle Sviluppo rispolvera allora il motto bossiano: "I congressi si fanno per confermare il segretario, non per sostituirlo"

L’assunto fondamentale resta quello bossiano: e cioè che i congressi si fanno solo per confermare il segretario, e mai per defenestrarlo.  Ed è partendo da questa premessa che molti colonnelli del Carroccio hanno iniziato a suggerirlo all’orecchio del leader. Lo ha fatto, a modo suo, anche Giancarlo Giorgetti, che quando parla con Salvini lo fa senza tanti preamboli. “Matteo, apri il congresso ottieni il plebiscito, tutti noi ti rinnoviamo la fiducia e così poni fine a questo stillicidio di polemiche”. Ci sarebbe, grosso modo, anche una data. O una finestra. Perché in autunno erano già in programma i congressi provinciali un po’ in mezza Italia. E allora, perché non approfittarne?

 

Lega, le ipotesi di congresso dopo le elezioni amministrative

 

Salvini per ora tiene le carte coperte. Tentenna, rimugina, si sfoga a giorni alterni coi suoi amici lumbàrd per le intemperanze di chi “fa il fenomeno” su vaccini e green pass, e coi  membri del suo staff per questa strana insistenza con cui la vecchia guardia continua a fargli arrivare avvertimenti per il tramite di veline consegnate ai giornali. Ed è proprio un sintomo di questa debolezza che lo induce a esibizioni di forza scenografiche, certo, ma forse intempestive. Perché i tre consiglieri lombardi che lui ha strappato a Forza Italia esibendoli come una specie di bottino di guerra davanti alle telecamere erano in sala d’aspetto da mesi: “Perché prenderli proprio a ridosso delle elezioni, inasprendo ancor più i rapporti tra alleati?”, si chiedono i leghisti del Pirellone. E lo stesso, grosso modo, vale per la frenesia con cui il leader ha sguinzagliato i suoi segugi tra Montecitorio e Palazzo Madama per accelerare l’ingresso di altri transfughi, stavolta renziani (ieri il siciliano Francesco Scoma, tra qualche giorno, si vocifera, l’umbra Nadia Ginetti).

 

Il tutto in un clima a metà tra l’esagitato e il plumbeo, che pare preludere alla resa dei conti. Perfino la Bestia finisce nel pantano della polemica. Succede perché Luca Morisi,  cervellone storico della macchina social di Salvini, fa sapere che lui ne ha abbastanza:  motivi personali (famigliari colpiti dal Covid, la sua volontà di restare a lavorare lontano da Roma, nella natìa Mantova), ma anche  chiacchierati bisticci con Andrea Paganella, l’altro pretoriano del Capitano.

 

Senza contare, poi, che all’indomani del pronosticato tracollo delle amministrative la tensione nel partito aumenterà, con un confronto sempre più polarizzato tra chi attribuirà la sconfitta alla permanenza nel governo Draghi e chi, al contrario, rimprovererà a Salvini la scarsa capacità di farsi interprete fedele dell’agenda del premier. E qui, allora, arriva il consiglio di Giorgetti. “Un congresso per fare chiarezza, per troncare ogni polemica”. Da parte del ministro dello Sviluppo, del resto, ci sarebbero pochi dubbi. Il suo sostegno a Salvini, al netto di qualche rimostranza e qualche mugugno, non è affatto in discussione. Né, fintantoché che resterà questo l’assetto di governo, lo sarà in futuro.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.