Il caso

"Sei moroso: niente foto sul palco con Conte", l'avviso ai parlamentari M5s morosi

Tra selfie e abbracci l'Avvocato del popolo scopre il gusto della campagna elettorale: il 1 ottobre chiuderà con Raggi a Bocca della Verità

Simone Canettieri

L'ex premier spopola nei suoi tour al Sud. Il suo corpo funziona, ma chi non è in regola con le restituzioni mensili non può avvicinarsi

C’è il corpo del capo, osannato nelle piazze, e poi c’è il partito, poco più di una scatola vuota. E’ lo strano destino di Giuseppe Conte e del M5s. Più l’ex premier gira il paese per tuffarsi tra i selfie e gli abbracci delle donne in visibilio, più il contenitore si dimostra un orpello inutile e ingombrante. Una macchina che non carbura: è senza benzina.

Al M5s mancano i soldi. La sede, il primo luogo fisico del partito nato leggero, è un appartamento spoglio a due passi dalla Camera. “Almeno potevano metterci un quadro, un distributore di caffè, un minimo di arredamento. Invece la nuova sede continua a essere nuda e triste”, racconta una deputata che ha avuto il privilegio di entrare negli uffici ospitati in una palazzina di via di Campo Marzio.

Il piatto piange perché i parlamentari  continuano a non versare l’obolo al M5s. Dopo l’epopea degli scontrini e dei rimborsi di questi ultimi anni si è passati a un contributo fisso di 2.500 euro al mese (1.500 euro di restituzione, 1.000 di contributo per le attività parlamentari). Ma molti, circa la metà, fischiettano. E non sono in regola.

Sicché Conte, che per motivi statutari ancora non ha messo mano alle espulsioni (specialità della casa), sta usando un’altra strategia: mette i morosi in castigo. Li tratta da reietti. Li fa chiamare dal suo staff che li avvisa con parole ultimative: “Chi non è in regola non potrà salire sul palco con il presidente, dovrà girargli alla larga, niente foto insieme”.


Insomma, chi è inadempiente non può godere di un piccolo posto al sole al fianco del Capo, deve stare lontano dal raggio magico di Conte, il trascinatore delle folle, il vip che sbarca nei paesini dimenticati della Puglia e della Calabria e fa girare la testa alle signore (a Rossano Calabro una donna gli ha urlato “quanto sei bono!” e lui ha ringraziato con un sorriso, ciuffo al vento da divo di un fotoromanzo).

 

L’estetica del leader grillino sta diventando un fatto politico serio: l’outfit, le foto mentre va a giocare a tennis, i sorrisi da fossette e denti da pubblicità, l’eleganza. Forse di lui rimarranno le foto affisse alle pareti delle pizzerie. Ma intanto piace e spopola. E magari si starà pentendo di non aver fondato il suo partito personale e di non aver lasciato il M5s, un brand che non tira più. Chi lo segue in questo tour dai ritmi tamburellanti – al punto da stancare subito il protagonista poco avvezzo a questa vita – racconta di piazze piene. Interessate a lui più che al M5s.

Ed è questo il timore generale di tutti i parlamentari (morosi e non): riuscirà il nuovo capo a trasmettere il proprio gradimento sul partito che guida? Più passano i giorni e più Conte capisce quanto sia complicata la gestione della scatola che ha ereditato. Potere di spesa minimo e un mucchio di problemi. Però si fa forza con l’abbraccio della gente che lo invoca e riempie piazze e vie per ascoltarlo, con tanto di rabbia di cantanti (come Fedez e Calcutta) costretti da oltre un anno e mezzo a dimenticarsi dei concerti. Conte si aggrappa a se stesso e va avanti: ha solo il suo corpo da ostentare e sa che funziona.

Lo spirito dell’avvocato di Volturara ha effetti su chi gli sta vicino (ecco perché batte cassa). In Campidoglio raccontano che da quando Virginia Raggi ha iniziato a uscire con l’ex premier i sondaggi hanno dato risposte positive. “Vale quattro punti in più”, dicono gli uomini che seguono la campagna elettorale della sindaca. E quindi conviene aggrapparsi alla pochette di Conte, è il ragionamento di un po’ tutti. A partire da Raggi che gli ha strappato la più bella della promessa: la chiusura della campagna elettorale insieme. Alla fine l’ex premier ha detto sì: il primo ottobre salirà con la sindaca sul palco di Bocca della Verità, a Roma, per tirarle la volata, per spingerla verso l’impossibile: il ballottaggio. Conte crede in se stesso al punto di dare consigli di strategia agli altri, compresa la sindaca: “Andiamo a prendere i voti anche dove non ci votano”. E dunque basta con le periferie, tuffiamoci tra il ceto medio. La nuova vita di Giuseppi si è trasformata in una festa itinerante lontana dalle comode pareti damascate di Palazzo Chigi. Ma bisogna pagare il tavolo, e dunque essere in regola con i pagamenti, come ai party più esclusivi. Per i morosi c’è il buio e la lontananza. E forse tra poco l’addio al Movimento. Basterà aspettare di leggere il nuovo organigramma del partito, atteso dopo i ballottaggi. Chi ne rimarrà fuori avrà una scusa in più per salutare e tenersi il malloppo. 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.