Il grande rientro

Caro Brunetta, sicuro che tornare in ufficio sia una buona idea?

Antonio Pascale

Ok, mancano i dati, ma lo smartworking ha enormi potenzialità per l'accelerazione e lo svecchiamento dei processi

È chiaro che il ministro Brunetta ha ragione, ma quale smart, semmai telelavoro, quale aumento della produttività, e poi dove sono i dati? Diciamolo subito, sono un funzionario ministeriale da 32 anni, assunto nel 1989, prima della caduta del muro e se vado per euristiche, senza sciorinare raffinate analisi, anche in quel caso riconosco che il ministro centra il punto. Allora – uno dice – perché se sei d’accordo, ti prepari a difendere lo smart working nella pubblica amministrazione? Perché proprio tu che sei andato in ufficio, previa autorizzazione, pure durante il primo lockdown, quando non si manifestavano nemmeno gli spacciatori, e niente non hai mollato la scrivania, come mai ci tieni tanto allo smart? Perché intravedo una potenzialità, e cioè far fuori quelli come me. Quei funzionari che ancora preferiscono lavorare sul cartaceo e allestiscono cartelline e faldoni perché solo così trovano le cose. Quelli che fino a poco tempo fa scrivevano lettere alle regioni per annunciare la pubblicazione di un decreto usando questa formula: sia annuncia che il tal decreto est pubblicato. Che poi visto il latinismo equivale a un Habemus Papam. Quelli che hanno bisogno di controllare i dipendenti, tipo che aprono le stanze con una scusa per vedere se dormono o son desti. Quelli con i rituali fissi, il caffè, il cornetto, la pausa sigaretta nella stanza dove nessuno ti dice niente, e anche qui, uno pensa ma dove siamo, in un film di Fantozzi?

 

Voglio dire non è solo un problema di pubblica amministrazionem, ma è proprio il terziario avanzato ad avere queste dinamiche, nonché abitudini secolari e tramandate da generazioni. Ora, le transizioni, come insegna la questione energetica, sono lentissime. Hai voglia di coniare sacrosanti slogan contro il carbone se poi nel 2000 nel mondo l’86 per cento dell’energia era prodotta da fonti fossili e nel 2019 siamo scesi solo all’84%. Ebbene per la PA è un po’ così, tutti diciamo che bisogna modernizzarla e seppure ci impegniamo, la transizione est lentissima. Eppure, durante la pandemia il miracolo! Escluso me, in tanti si sono trovati una nuova condizione, un cambiamento c’è stato, forzato, ma c’è stato. Molti hanno imparato l’arte della smaterializzazione, cioè hanno lavorato in maniera diversa, e se ve lo dice uno che ancora mette insieme i faldoni ci potete credere: sono quello che più di tutti ha notato il miglioramento. Sì, ovvio, qualcuno si è smaterializzato, cioè si è imboscato e nessuno l’ha più visto, ma anche qui è un problema di terziario avanzato, a volte c’è tanto lavoro, a volte meno, a volte lavori chiuso in stanza, altre volte sei di fronte al cittadino, ma a prescindere dai ruoli e dalle competenze è come se fosse caduta la quinta parete: abbiamo visto un meccanismo muovo.

   

Uno dice, ma è stata una casualità, niente di programmato, ma appunto, mica credete che siamo padroni delle nostre scelte? A volte decide il caso, come in questo caso, scusate il bisticcio. Fatto sta che abbiamo avuto la possibilità di concepire il lavoro in modo nuovo. Che vogliamo fare? Riprendere lentamente le vecchie abitudini o sfruttare il miracolo e lavorarci su, di modo che non tutti finiscano coattamente nel film intitolato il grande rientro? Sarei per lavorarci su, per vari motivi, anche perché la PA è parte integrante dello Stato e lo Stato deve essere olistico, perdonatemi il concetto new age. A Roma uffici pieni significano anche maledetti ingorghi stradali, tanto gli italiani vanno pazzi per le auto private e mettono in circolo PM10 come fuochi d’artificio, e poi ci innervosiamo e i tassi di violenza diventano assurgenti come rami che cercano di vivere. Senza considerare quelle giornate di pioggia che passi ore per raggiungere l’ufficio stipato in un bus romano e quando ci arrivi sei in preda a una crisi esistenziale che prenoti appuntamenti a raffica dallo psichiatra oppure ti chiudi nella stanza e mediti sulla insensatezza cosmica: ti smaterializzi e allora che vuoi lavorare in queste condizioni?