il retroscena

Giovannini sbanda su Anas e propone un regalo a Toto. Draghi lo stoppa

Valerio Valentini

Il ministro dei Trasporti prova a ricondurre il colosso delle strade sotto il diretto controllo governativo, mentre ancora impazza la bruiana per il rinnovo della dirigenza. Quei 70 milioni condonati al gestore delle autostrade abruzzesi. Poi Palazzo Chigi stralcia tutto. La bozza modificata e il frontale nel decreto Infrastrutture

Dalle parti di Porta Pia mettono subito le mani avanti: dicendo, col tono di chi ha avanzato un’idea alla luce del sole e non certo di chi ha tentato un blitz nottetempo, che in fondo si trattava di una proposta. E che dunque, nel fatto che a Palazzo Chigi abbiano ritenuto di stralciare alcuni articoli dalla bozza del decreto “Infrastrutture” di fine agosto stilata dai tecnici di Enrico Giovannini, non c’è nulla di clamoroso. E però, il confronto tra le due versioni – quella uscita dal Mit, ormai ribattezzato Mims, e quella bollinata dalla presidenza del Consiglio – colpisce non poco. Perché le parti stralciate dai consiglieri di Mario Draghi riguardano un colosso come Anas, e lasciano intravvedere un inciampo diplomatico non di poco conto, vista anche la buriana politica che gravita intorno al colosso pubblico delle strade che attende ormai da mesi la definizione della sua nuova dirigenza.

 

L’idea avanzata da Giovannini, in sostanza, era quella di riportare Anas indietro nel tempo: farla tornare cioè alla dimensione di società in house del Mef e del Mims che aveva conosciuto fino al gennaio del 2018, quando era stata  trasferita sotto il controllo di Ferrovie dello stato. E allora eccolo, il passaggio incriminato. Ecco il primo comma dell’articolo 2 della bozza di decreto redatta il 24 agosto. “Il presidente e l’amministratore delegato di Anas s.p.a. sono nominati con decreto del Mef, adottato di concerto con il Mims”. Un approccio che, fin dai primi confronti informali, aveva riscosso un certo scetticismo da parte dei tecnici di Palazzo Chigi, e che però i consiglieri di Giovannini hanno voluto difendere alla luce delle evidenze “della più recente giurisprudenza europea”, mettendo in luce le possibili distorsioni del sistema attuale. Perché, “sebbene il capitale sociale di Anas sia detenuto integralmente da Fs, quest’ultima è integralmente partecipata dal Mef”, sta scritto nella relazione illustrativa. Che, più avanti, indica un altro supposto paradosso: e cioè che Anas “realizza oltre l’80 per cento dei propri ricavi nello svolgimento delle attività ad essa affidate dal Mims”. Insomma, è un braccio armato di Fs a cui però le munizioni, sia in termini economici che progettuali, vengono fornite dai ministeri.

 

Tesi, comunque, che non sono apparse affatto valide agli uffici del Dipartimento affari giuridici di Palazzo Chigi, tanto più in una fase turbolenta come quella attuale. Perché da oltre sei mesi Anas attende la designazione del nuovo presidente e del nuovo ad. E dopo che, a inizio agosto, da Fs era stato avanzato il nome di Ugo De Carolis come nuovo amministratore e intorno alla sua promozione s’era accesa una buriana politica così sgraziata che aveva portato il manager considerato vicino ai Benetton a ritirarsi, l’attesa è ormai diventata spasmodica: la nuova assemblea di Fs era prevista per il 7 settembre, e però alla fine è stata rinviata al primo ottobre. Stabilire insomma un cambio di procedure di nomina e di assetto societario così importante, in un momento in cui la politica litiga proprio su quelle nomine e su quegli assetti (con tanto di guerra di veline velenose affidate ai giornali, come quella che vorrebbe un inesistente passo indietro da parte di uno dei principali candidati alla guida di Anas, come Ugo Dibennardo), è parso poco ragionevole ai tecnici di Palazzo Chigi. E infatti nella versione del decreto bollinata dal governo e pubblicata in Gazzetta ufficiale venerdì scorso, quel comma è sparito. 

 

Stralciato, dunque, insieme a un robusto pacchetto di provvedimenti proposti dal Mims e bocciati da Draghi. Compreso quello che prevedeva un cospicuo regalo a Carlo Toto, manager abruzzese che gestisce le autostrade A 24 e A 25.  L’idea del Mims era quella di permettere alla sua “Strade dei parchi s.p.a.”, già in debito nei confronti di Anas di 782 milioni, di sforbiciare la rata annuale che, in base alla Convenzione unica che riconosce ai Toto il controllo sulle tratte regionali fino al 2030, la società deve versare nelle casse del concessionario statale: non più i 55,8 milioni previsti, ma solo 22. Uno sconto che sarebbe stato effettivo già sulle rate pendenti del 2019 e 2020. Un bonus di 70 milioni, dunque, in cambio del quale “Strade dei parchi” s’impegnava a non incrementare i pedaggi. A quanto pare, l’idea ai collaboratori di Draghi è piaciuta ben poco.
 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.