Il pasticcio su Anas riaccende il conflitto tra Di Maio e Conte

Valerio Valentini

Il ministro degli Esteri spinge Dibennardo. L'ex premier preferisce Bianco, "più di centrosinistra", e rivendica i suoi diritti di leader. Intanto tutti disconoscono le scelte di Toninelli. Le vere ragioni che hanno portato al veto su De Carolis

Che la situazione sia già di per sé abbastanza ingarbugliata, che insomma non ci fosse bisogno dei bisticci interni ai partiti per complicarla ancor di più, lo s’è capito ieri, quando è stato rinviato il comitato nomine. Il che, evidentemente, presuppone anche un rinvio a settembre del cda della verità, che era fissato per giovedì. E però il M5s, si sa, ama metterci sempre del suo, nel guazzabuglio della politica. E così, nelle ultime ore, intorno ad Anas, e alla scelta dei suoi nuovi vertici, s’è riproposta la ormai proverbiale contesa interna tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte.

 

Questione di coordinamento, forse, di improvvido tempismo. Sta di fatto che quando, giovedì scorso, è iniziato il rodeo intorno alla paventata nomina di Ugo de Carolis come nuovo ad di Anas, il più lesto ad attivare i contatti trasversali che in questi casi non disdegnano l’intendenza coi nemici, veri o presunti, è stato proprio il ministro degli Esteri. Il quale sapeva che, certo, a a rendere fragile la proposta avanzata dal capo di Fs, Luigi Ferraris, c’era la faccenda del ponte Morandi, quella presunta disdicevole vicinanza del supposto nuovo ad di Anas con la famiglia Benetton. E però, al di là del pretesto trovato, il veto era arrivato perché Ferraris ben poco aveva condiviso, coi responsabili dei vari partiti, la scelta meditata, né tanto meno aveva lasciato intendere in che modo si sarebbe poi mosso per ricomporre gli equilibri politici nella scelta delle presidenze di altre partecipate del gruppo – da Italfer a Sistemi Urbani, passando per Busitalia e le Ferrovie del Sud Est – pure quelle in scadenza.

 

E allora Di Maio s’era mosso: e visto che il primo nome della terna era stato bruciato, arrivava a caldeggiare, per vie sotterranee, un nome che da tempo riscuote la sua stima: quello, cioè, di Ugo Dibennardo. Solo che, intanto, chi chiedeva agli emissari di Conte un giudizio sul nuovo profilo, si sentiva rispondere con uno sbuffo strano: “Dibennardo chi?”. Non che ci sia un diniego. “E’ che Giuseppe proprio non lo conosce, Dibennardo”. Il che è ben strano, però. Perché, al di là dei rapporti personali, l’ingegnere catanese, già braccio destro dell’ex ad di Anas Pietro Ciucci, nel sottobosco delle partecipate ha saputo tessere buone relazioni un po’ con tutti. Coi leghisti di Luca Zaia per via del suo incarico ai vertici delle Concessioni autostradali venete, ma anche coi grillini siciliani, come il viceministro Giancarlo Cancelleri, in virtù del suo passato alla guida dell’Anas sull’isola. Ed è gradito anche in varie aree del Pd. “Troppo vicino al centrodestra, troppo legato  al mondo di Maurizio Lupi”, ringhiano i senatori del M5s. Che invece lasciano intendere che la preferenza di Conte andrebbe sul terzo nome della triade proposta, ovvero quello di Massimiliano Bianco. Il quale, dimessosi da poco dalla guida della multiutility Iren, oltre ad avere un profilo più finanziario rispetto a Dibennardo,  avrebbe anche un connotato più di centrosinistra, per quel che valgono queste affiliazioni, alla luce dei suoi buoni rapporti maturati col  Pd per interposto Delrio.

 

O forse, più semplicemente, tutto starebbe nel metodo: nel fatto, cioè, che ancora una volta Conte s’è visto scavalcato da Di Maio, menomato nelle sue prerogative di presidente del M5s, finalmente riconosciuto dopo  mesi di pena. Questione di ore, magari: perché la ratifica del web per il fu avvocato del popolo è arrivata poco dopo l’inizio della gazzarra su De Carolis. Ma  confusione c’è davvero, nel M5s, intorno al dossier, se è vero che esponenti di governo grillini iniziano anche a chiedersi come mai, anziché andare a caccia di  candidati, non si provi invece a difendere l’ad uscente, quel Massimo Simonini che proprio Danilo Toninelli volle alla guida di Anas. Ah già, ma era Toninelli.

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.