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Populisti alla riscossa

Salvatore Merlo

La prima vittoria degli sciroccati su Draghi passa da Anas

Un grande manager di carriera americana, cresciuto alla Procter & Gamble, poi chiamato alla Fiat da Marchionne,   il dirigente aziendale che fece la fortuna del Telepass  e che poi trasformò l’aeroporto rudere di Fiumicino nel migliore aeroporto d’Europa, è stato linciato mercoledì da M5s, Lega, Pd, FI e  FdI.  Scelto di fatto da Palazzo Chigi secondo principi di competenza e mercato  per salvare il carrozzone sfasciato di Anas, l’altro giorno Ugo de Carolis è stato spinto dai partiti a rinunciare all’incarico di amministratore delegato di questa povera azienda colabrodo. Secondo il seguente pseudo ragionamento di Danilo Toninelli, che ha ricompattato  il populismo gialloverde con il concorso gregario del Pd: “Parliamo di un uomo di fiducia dei Benetton e dell’ex ad di Autostrade Giovanni Castellucci”. Poiché nulla importa che De Carolis non abbia mai lavorato in Autostrade, né mai si sia occupato di ponti e viadotti Aspi, tanto meno del Morandi, e che insomma nulla ha avuto a che fare con la tragedia di Genova, il problema di De Carolis – a quanto pare –  è  quello di essere stato un  amministratore delegato all’interno della enorme galassia finanziaria e industriale che fa riferimento alla famiglia Benetton. Circa seicento manager, tredicimilacinquecentocinquanta dipendenti in Italia e trentunomila nel resto del mondo.

Seguendo questo bislacco filo logico (logico si fa per dire), chiunque abbia lavorato con Benetton o Castellucci (pure i negozi di maglieria?), avrebbe sostanzialmente collaborato e cooperato a una specie di obiettivo societario globale che consisteva nel far crollare il ponte Morandi. Non responsabilità personale, ma responsabilità oggettiva. Tipo la Salem del 1642, ma con Toninelli giudice religioso: bruciamo sul rogo i Benetton e chiunque sia stato con loro. Pure il cane. Cucinavi a casa Benetton? Tizzone ardente. Hai guidato la macchina di Luciano? Ti impaliamo. Hai gestito l’Aeroporto di Roma? Ti tagliamo un dito. Verrebbe da ridere, se non ci fossero risvolti penosi. Si segnala infatti una prima vittoria del populismo senza cervello sul governo di Mario Draghi, che non ha saputo difendere una sua scelta. E si evidenzia la subalternità del Pd agli sciroccati del M5s. Tutti sanno che gli unici manager capaci, non solo in Italia ma nel mondo, sono quelli che vengono dal privato. Che seleziona secondo princìpi di risultato. Per questo era stato chiamato De Carolis. Perché la missione è complicata. Serviva uno che non sprecasse l’occasione offerta  dai miliardi di euro del Pnrr che finiranno ad Anas, il decrepito falansterio che conta negli ultimi tre anni più crolli di ponti di quanti non ne siano avvenuti in 20 anni di Autostrade. Il semestre bianco comincia male. 

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.