Sui giovani l'unica destra No vax è quella italiana

Luciano Capone

In Europa tutti i governi conservatori sono favorevoli alla vaccinazione dei ragazzi sotto i 18 anni, a partire dai sovranisti Orbán in Ungheria e Morawiecki in Polonia. Solo Salvini e Meloni si oppongono al vaccino. Ma perché?

Non si può dire sia la peggiore d’Europa, quella è una valutazione che ognuno è libero di fare, ma la posizione della destra italiana sui vaccini ai più giovani è di certo singolare: “Meglio non farli”, è in sintesi la linea indicata da Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Inizialmente l’asticella è molto elevata, perché per “giovani” le due forze politiche intendono gli under 40. “Sotto i 40 anni il vaccino non serve”, ha dichiarato Salvini. “Non consiglierei a nessuno sotto i 40 anni di farlo, perché la letalità è inesistente”, è la tesi del capogruppo di Fdi Francesco Lollobrigida.

 

Non esiste nessun paese europeo, anche tra quelli governati dalla destra, sia essa moderata o più conservatrice, ad avere una posizione del genere. Più recentemente, i due partiti sembrano aver abbandonato la linea dei 40 anni e si sono schierati lungo quella dei 18, opponendosi alla vaccinazione degli adolescenti. Con argomenti del tutto analoghi. “Mi rifiuto di vedere qualcuno che insegue mio figlio che ha 18 anni con un tampone o con una siringa”, dice Salvini. “E’ importante vaccinare gli anziani e le persone fragili, non inseguire i ragazzini” dice la Meloni, aggiungendo che se avesse una figlia di 12 anni non la vaccinerebbe “perché ritengo non sia ragionevole, visto il rapporto rischi-benefici”. A fianco all’immagine terrorizzante di medici con la siringa che “inseguono” i ragazzi, i due leader della destra si dicono contrari alla vaccinazione degli adolescenti perché anche in altri paesi lo sono. Salvini e Meloni hanno altri modelli, che variano secondo le convenienze.

 

Ma in realtà non c’è alcun governo, in particolare tra quelli di destra, contrario al vaccino ai ragazzi. L’Ungheria di Viktor Orbán, il modello politico conteso da Salvini e Meloni, è stato il primo paese Ue ad autorizzare, già a metà maggio, la vaccinazione dei minorenni. La Polonia, governata dal Pis alleato in Europa con la Meloni, ha iniziato a giugno a raccomandare il vaccino ai ragazzi dai 12 anni in su e ha pianificato per settembre una campagna di sensibilizzazione nelle scuole, dove si spiega ai ragazzi l’importanza del vaccino, per poi partire con la vaccinazione direttamente nelle scuole (in pratica ciò che più si avvicina all’immagine salvinian-meloniana dei ragazzi “inseguiti” dalle siringhe). Ma stranamente, in questa circostanza, Salvini e Meloni non hanno preso a modello i sovranisti Orbán e Morawiecki, ma governi molto più europeisti e moderati.

 

Ad esempio quelli di Angela Merkel ed Emmanuel Macron. “E’ un fatto che in Gb e in Germania è consigliato il vaccino sotto i 18 anni solo in presenza di gravi patologie, perché le reazioni avverse sono numericamente molto superiori rispetto ai benefici”, dice Salvini. “Sul vaccino ai minorenni la penso come i governanti di Francia e Gran Bretagna: sono tutti No vax, o forse sono meno zelanti di noi con le case farmaceutiche?”, è la posizione della Meloni. In realtà la Germania, da qualche giorno, si è allineata agli altri paesi e ora consiglia il vaccino a tutti i ragazzi nella fascia d’età tra i 12 e i 17 anni. E per questo non viene più citata da Salvini e Meloni. La Francia, invece, ha sempre raccomandato il vaccino agli adolescenti. Non a caso, in soli due mesi, quasi il 60% dei ragazzi francesi tra 12 e 17 anni ha già ricevuto almeno una dose.

 

Quanto alla Gran Bretagna, è vero che il comitato tecnico raccomanda il vaccino solo fino a 16 anni in attesa di nuovi dati, ma il governo conservatore di Boris Johnson è insofferente per un ritardo che rischia di compromettere l’anno scolastico e ha già programmato per il 6 settembre, in attesa del via libera, l’avvio della campagna di vaccinazione dai 12 ai 15 anni. Per quale diavolo di motivo la destra italiana è l’unica contro i vaccini?

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali