(foto Ansa)

l'italia s'è fermata a valentano

"Il rave abusivo? Una débâcle dello stato"

Luca Roberto

Parla Piero Camilli, imprenditore, sindaco, proprietario dei terreni occupati da cinque giorni in provincia di Viterbo. "Ho avuto la tentazione di farmi giustizia da solo"

Immaginate cinquemila persone accampate da cinque giorni su un terreno privato, in una zona sottoposta a vincoli paesaggistici e naturalistici. Un morto o forse due, un paio di stupri, un parto, almeno due casi di contagio da Covid accertati, furti di auto ed effrazioni negli appartamenti vicini. “E le forze dell’ordine restano a guardare, inermi, certificando l’impotenza dello stato. Qui destra e sinistra non centrano nulla. E’ una vergogna nazionale. Io ho il porto d’armi, per fortuna ero in Sardegna quando sono entrati nella mia azienda, perché altrimenti a caldo avrei potuto farmi giustizia da solo, rischiando il carcere”. 

Piero Camilli lo racconta con una voce rassegnata. E’ il sindaco di Grotte di Castro. E’ un uomo di destra, s’era candidato con Fratelli d’Italia. E’ un imprenditore. Ma è soprattutto il proprietario del terreno sul lago di Mezzano, in provincia di Viterbo, occupato da quasi una settimana dal più assurdo dei Rave party.  “Ieri mi hanno sfasciato i capannoni, rotto un pozzo e rubato le batterie di un mezzo agricolo. Non so davvero più cosa fare”, dice lui dopo aver avuto un confronto con questura e prefettura. “Dicono che stanno mediando”, aggiunge con un tono di frustrazione. “Ma cosa vuoi mediare con quei figli di puttana! Qua non si tratta di salvare Aldo Moro. Sono solo degli sbandati”.

Camilli è esasperato. Bisogna valutare le sue parole, anche quelle più forti, nel contesto sul quale precipitano. A tratti sembra il plot di un film apocalittico, del filone disaster movie. E però sta accadendo per davvero a Valentano, alta Tuscia, in quella parte del Lazio che si spande verso la Toscana, giusto prima della Maremma. Un caos che l’assessore regionale del Lazio D’amato ha definito “fuori controllo” e per cui la Lega ha chiesto un’interrogazione parlamentare chiamando a rispondere il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. “Ma lo stato dov’è? La polizia che fa? Resta a guardare”.  Camilli è un’istituzione locale. Ha un piccolo impero della lavorazione delle carni, anche halal, si divide tra Acquapendente e Cremona. Ma tutti qui lo conoscono per le gioie che ha regalato alla provincia col calcio: prima la Viterbese l’ha portata in C, poi il Grosseto in B. La congiunzione astrale ha voluto che fosse il proprietario di questi 700 ettari di anarchia. Un Italia parallela. “Dopo tanti anni volevo riposarmi, e invece vedete che mi è capitato”. 
   
E insomma la scena che Piero Camilli si trova davanti è questa: baracche tirate su alla bell’e meglio, banchetti per i panini con la salsiccia, per la ketamina, il fumo, una landa sconfinata trasformata in pista da ballo a cielo aperto, chiamata a raccolta su Telegram. Nello stesso paese in cui le discoteche sono chiuse da un anno. L’Italia parallela, appunto. L’Italia del sottosopra. “Questi girano strafatti, con le targhe coperte per paura di essere riconosciuti. Ci sono già stati due morti, due persone su cinque ricoverate in coma etilico sono risultate positive al Covid. In pratica è certo che sia scoppiato un nuovo focolaio. Cos’altro deve succedere? E’ desolante pensare che intanto ci sono ristoratori che vengono multati se non rispettano i distanziamenti anti Covid”. 

Si racconta nientemeno di un parto, in mezzo alle sterpaglie. L’imbottigliamento di caravan e sciroccati rende lo sgombero un’ipotesi forse impercorribile, anche il lancio dei lacrimogeni viene escluso. Almeno questo è ciò che emerge dal rimpallo tra ministero dell’Interno e questura. Anche se, come racconta Camilli con disappunto, “in questi giorni ai partecipanti è stato concesso di tutto: per esempio di spostarsi liberamente e raggiungere i comuni limitrofi. Mi ha chiamato il sindaco di Manciano, qui vicino, e mi ha detto che un gruppetto di ragazzi è andato a fare la spesa in un Simply. Sono usciti con i bustoni pieni, senza pagare, e hanno defecato nella piazza del paese. Davanti alle forze dell’ordine, a mo’ di sberleffo”. 

La Digos non è riuscita a intercettare un solo camper diretto verso i terreni di Camilli. Che è andato in procura, a denunciare. Violazione della proprietà privata. Danneggiamenti. Camilli ha fatto una sommaria stima dei danni. Un imprenditore come lui c’è abituato, ai calcoli. Sarà costretto ad affrontare delle spese, è chiaro. Ma quando se ne andranno gli occupanti? Oggi, domani, ma anche tra un mese a questo punto. “Per fortuna sono assicurato, ma come la mettiamo con la bonifica dell’area che è sottoposta a vincoli stringenti? E’ chiaro che dovrà occuparsene lo stato. E poi pensate che i danni siano solo materiali? Dovremo fare i conti con un danno di immagine incalcolabile. Non è che la Tuscia in questi giorni sulle pagine dei giornali o nei tg sia passata come un luogo d’arte che ospita una mostra su Dante”. 

C’è un fuggi fuggi generalizzato dalle strutture ricettive che potrebbe provocare un collasso della stagione turistica nel bel mezzo di agosto. “Io stesso ho un agriturismo e degli appartamenti. Arrivavano dalla Francia, dagli Stati Uniti, fino al 30 di agosto eravamo sold out. Dopo le immagini del rave c’è stata una disdetta generalizzata, sono scappati tutti”. Ma forse questo non è nemmeno il peggio. Il peggio è il collasso delle regole di convivenza civile. Chi voleva una sintesi delle incrostazioni del paese, volga lo sguardo a Valentano, dove l’Italia s’è fermata. “Mi richiami la settimana prossima, magari sono ancora qui. Tutto è possibile”.

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