Luigi Marattin (foto Ansa)

l'intervista

“Caro Draghi, ecco come ricostruire il Rdc”. Parla Marattin (Iv)

Valerio Valentini

"L'Italia ha bisogno di uno strumento radicalmente diverso: stacchiamo la parte delle politiche attive, disincentiviamo il lavoro nero e coinvolgiamo i comuni", dice il presidente della commissione Finanze alla Camera

Deluso no, ci mancherebbe. Ma neanche sorpreso? “Neanche”. Eppure Mario Draghi è sembrato difenderlo, il reddito di cittadinanza. “Il premier ha detto che è giusto avere uno strumento di lotta alla povertà. Chi può essere contrario?”. Già. Chi? “Non certo chi, come noi, lo introdusse per la prima volta nel nostro ordinamento, tramite il Rei. Quello che noi diciamo, numeri alla mano, è che lo strumento che ha sostituito il Rei è stato un fallimento, o nella migliore delle ipotesi un cattivo uso dei soldi pubblici, e va sostituito con uno migliore”. Luigi Marattin mostra la convinzione di chi non si scompone. E anche quando lo si pone davanti al piccolo dilemma di questi giorni – abolirlo o riformarlo, questo famigerato Rdc – il deputato di Italia viva, presidente della commissione Finanze, aggira il sofisma. “Dal punto di vista pratico, abolire il Rdc facendo entrare in vigore allo stesso tempo un nuovo strumento o lasciare in vigore Rdc ma cambiandolo alla radice, è la stessa identica cosa. Mi è fin troppo facile prevedere che la lotta politica sarà su quale di queste due strade prendere, per poter cantare vittoria sui social”.

 

E però l’impressione è che il gioco di chi, come voi di Iv, propone di rottamare il Rdc, sia un po’ speculare a quello di chi, come Conte, dice che invece non si tocca. Non è poco riformista, come metodo, quello del referendum abrogativo? “A me interessa il punto fondamentale: l’Italia ha bisogno di uno strumento radicalmente diverso, e la raccolta firme per il referendum serve a portare questa consapevolezza nel paese”.  Migliorarlo, dunque, ma come? “Anzitutto occorre staccare la parte sulle politiche attive, recuperando e sviluppando l’assegno di ricollocazione. Secondo: sganciare la parte sul sostegno ai working poor, e sostituirla con l’imposta negativa. Per aiutare chi ha un lavoro poco retribuito, cioè, serve un meccanismo che funzioni grosso modo così: si fissa una soglia di sopravvivenza (magari corrispondente al minimo esente Irpef, diciamo 8.000 euro); se guadagno 2.000 l’anno, lo stato mi dà il 50 per cento della differenza tra 8.000 e 2.000. Se ne guadagno 3.000, mi da il 60 per cento. Così si incentiva il lavoro e si disincentiva il nero. Infine: cambiare la parte sussidi, adeguando la scala di equivalenza familiare (oggi le famiglie con figli sono penalizzate), tenendo conto delle differenze di potere d’acquisto sul  territorio nazionale, e coinvolgendo maggiormente i comuni per quanto concerne le condizionalità per l’accesso al sussidio. Come vede, si tratta di cambiamenti radicali e sostanziali. Se poi vogliono continuare a chiamarlo ‘reddito di cittadinanza’ per far contenti gli uffici comunicazione di qualche partito, facciano pure”.

Va però detto che le politiche attive restano il grande incompiuto da decenni. Furono la parte che mancò, nel disegno del Jobs Act. E sono di certo la parte che non funziona del Rdc. “Le politiche attive erano parte fondamentale del Jobs Act, con l’assegno di ricollocazione che avrebbe riformato alla radice il sistema. Il motivo per cui fallirono è semplice: la competenza ‘lavoro’, con la bocciatura del referendum costituzionale del 2016, è rimasta a metà tra stato e regioni. Il che rende praticamente impossibile impostare un sistema radicalmente diverso da quello attuale. Certo, basterebbe poco. In pochi sanno che in Parlamento stiamo mettendo mano alla Costituzione per inserire le parole ‘ambiente’ e ‘tutela degli animali’.  Visto che toccare la Carta ha ‘costi fissi’ elevati, perché non ne approfittiamo per mettere mano al Titolo V, ad esempio spostando la competenza lavoro a livello centrale?”

A proposito di riforme: a ridosso della scadenza di Quota 100 a dicembre, la Lega inizia a vagheggiare una proroga della sua norma bandiera. Voi di IV cosa auspicate? Cosa chiedete a Draghi e Franco? “Chiediamo che le risorse che si renderanno disponibili dal forte miglioramento dell’economia non vengano disperse in 4-5 priorità ma concentrate su un unico obiettivo, che per noi deve essere l’abbassamento delle tasse. In particolare riterremmo piuttosto bizzarro, per un governo che ha come obiettivo far tornare la crescita in Italia, tornare a spendere un sacco di miliardi per anticipare l’età pensionabile. Su quel fronte la nostra proposta è chiara da anni: rendiamo permanente l’Ape sociale e, se necessario, ampliamo la lista dei lavori gravosi e usuranti. Ma l’investimento di risorse deve essere su ciò che fa crescita domani, non su ciò che fa like sui social oggi”.

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.