Enrico Letta, segretario Pd, è candidato in Toscana per le suppletive (LaPresse)

Siena è un caso da manuale del disastro demografico italiano. Letta ne parlerà?

Roberto Volpi

Una provincia vecchia in una regione, la Toscana, vecchia a sua volta. Sempre meno nati mentre sale il numero dei morti e il bisogno di rimpolpamenti esterni. Un problema che sembra non interessare nessuno

Abitanti nel primo anno di vita: 309. Per trovarne di meno bisogna salire, inerpicarsi fin quasi ai 90 anni. A 89 anni gli abitanti sono 303, un filino appena meno. E ancora. Abitanti di 70-79 anni: 6640; abitanti di 0-9 anni: 3791, ovvero 175 abitanti dell’ottavo decennio di vita ogni 100 abitanti nel primo decennio di vita. Chiamando le cose col loro nome: un’impossibilità demografica (si credeva). Siena è un caso da manuale del disastro demografico italiano. La sua demografia è un Brunello di Montalcino bene invecchiato. Eccellente quello, pessima quella. Una città da dieci anni attorno ai 54 mila abitanti, e che dunque da altrettanti non ne perde. Eppure letteralmente del tutto incapace di reggersi sulle sue gambe, visto che a Siena non si nasce neppure più.

 

Quinquennio 2016-2020 (la pandemia non disturba i dati, nel 2020 i morti a Siena sono stati meno della media dei cinque anni precedenti): 1.672 nati, 3.750 morti, e dunque tasso di natalità pari a 6,2 nati annui ogni 1.000 abitanti e 220 morti ogni 100 nati. Il tasso di natalità nello stesso quinquennio è stato di 7,3 quello italiano e di 9,5 nati annui per 1.000 abitanti quello dell’Ue. Saltando per una volta il valore italiano, per far risaltare ancora più chiaramente il confronto: nell’Ue si sono avuti meno di 110 morti ogni 100 nati, un valore che non è neppure la metà di quello di Siena dove, si ripete a scanso di equivoci, i morti sono stati 220 ogni 100 nati. Forse ciò succede perché a Siena gli abitanti rispetto a quelli dell’Ue godono di metà salute? Ovviamente no. Perché a Siena ci sono quasi 250 ultrasessantacinquenni ogni 100 bambini e ragazzi fino a 14 anni compiuti d’età, il doppio del valore europeo, piuttosto. Tutto torna, tutto si tiene. Tra l’Italia, pure conciata malissimo, e Siena c’è una distanza come tra la Terra e la Luna. Tra l’Ue e Siena la distanza è come tra la Terra e Marte. E a questo proposito troviamo, invece, l’esempio di una città capace di reggersi sulle gambe degli altri, una città che non perde abitanti perché da fuori “altri” accorrono numerosi dentro le sue mura. Non c’è niente di male, ovviamente.

 

Anzi, sarà il destino a venire di tante città e province italiane – sempre che intendano sopravvivere. Ma attenzione: questi altri che arrivano in soccorso non riescono a cambiare gli equilibri strutturali della popolazione cittadina senese, che restano tali da generare la spirale: sempre meno nati, popolazione sempre più vecchia, sempre più morti, sempre più bisogno di rimpolpamenti esterni. Il lato critico di tutta la faccenda è proprio questo, che non cambiano gli equilibri demografici cittadini per quanto Siena imbarchi, se ci si passa il termine marinaresco per una città neppure parente del mare, parecchia gente da fuori. Negli ultimi cinque anni ha perso 2.078 persone per il movimento naturale negativo della popolazione.

 

Un movimento composto per i tre quarti, ecco il punto, dai trasferimenti di residenza dai comuni vicini. Il fatto è che quanti arrivano a Siena da quello ch’era una volta il contado non è che siano pischelli alle prime armi, Siena è una provincia vecchia in una regione, la Toscana, vecchia a sua volta, anche se non proprio quanto Siena. Cosicché per sperare qualcosa la città deve piuttosto guardare fuori, fuori regione, addirittura fuori d’Italia. Ma come? Cosa implica, questa strategia? Ed è disposta la città, la gente della città, a reggerla? E davvero non ci sono alternative? Letta o non Letta, stupisce che in una realtà siffatta di una realtà siffatta non si parli proprio.

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