(foto Ansa)

Ero a Genova, non rinnego nulla e continuo a lottare per un mondo migliore

Marco Bentivogli

Il social forum era un percorso, centinaia di miglia di persone nel mondo a discutere del futuro. Il guaio piuttosto è stato non saper distinguere le passioni politiche dal rincoglionimento

Ho fatto tutto il percorso dei social forum, Firenze, Londra, Genova, e il ventuno luglio era una tappa importante. Io non rinnego nulla, non ho mai pensato alla globalizzazione come un nemico. Un giornalista economico di Der Spiegel dice che arrabbiarsi contro la globalizzazione è come incazzarsi quando piove: è inutile. Non mi è mai piaciuta l’etichetta “no global” ma che un diverso mondo sia possibile lo penso tutt’ora.

Il social forum era un percorso, centinaia di persone nel mondo a discutere del futuro. Come si fa a relegarla come una cosa per gruppettari? Il governo di allora lavorò per polarizzare lo scontro, con la zona rossa e i dispiegamenti di forze, e si sapeva che era quanto volevano i black bloc e tutti coloro che si erano sempre nutriti di scontri per rafforzare la propria visibilità mediatica. Luca Casarini e Agnoletto avevano, allora, l’audience di Di Battista e come quest’ultimo più la sparavano grossa e più selve di microfoni e telecamere, gli comparivano davanti. Il giorno prima del 20 luglio tutti i telegiornali riportarono la “dichiarazione di guerra” di Casarini. Sia chiaro non do nessuna responsabilità di quanto accaduto. Non posso però non considerare il gioco di specchi tra chi cercava lo scontro e chi se ne alimentava.

Il 21 luglio a Genova c’era un pezzo di corteo con alcune strutture Cisl territoriali del centro-nord, le Acli, l’Agesci, gli scout e i giovani della Fim. I black bloc avevano incendiato negozi, assaltato tutto l’assaltabile in modo piuttosto indisturbato. Al reparto mobile fu intimato l’ordine di caricare proprio il nostro spezzone di corteo che manifestava in modo estremamente pacifico. La carica fu selvaggia e spietata, manganellate senza tregue e furono sparati i lacrimogeni sin dentro i portoni dove ci si era riparati. Nel rientro ai pullman trovammo lungo la strada i black bloc che, sempre indisturbati, davano un inesorabile colpo al capitalismo finanziario assaltando alcune filiali di banche distruggendo vetri blindati. Gli estremisti sono sempre stati non solo la malattia infantile ma l’alleato di qualsiasi forza reazionaria contro ogni movimento. E lo si capisce anche a vent’anni di distanza. Siamo in un paese in cui politici, giornalisti e intellettuali più invecchiano più giocano a fare i piccoli estremisti. Si incazzano, ma il più delle volte lo fanno perché non accettano di lasciare spazio alle ragazze e ai ragazzi che se non sono loro replicanti sono da considerare inadeguati. Un celebre motto di ignota paternità (da alcuni attribuito a Winston Churchill) diceva: “Chi non è stato comunista in gioventù è senza cuore, ma chi continua a esserlo nell'età adulta è senza cervello”. Ma l’umanità è cambiata, non bisogna smettere di sognare e battersi per un mondo più giusto e tuttavia saper sempre distinguere le passioni politiche dal rincoglionimento, provando a tenere a bada il settarismo che spesso  tende a crescere più del colesterolo.

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