Una discussione parlamentare ai tempi dell'approvazione del decreto Dignità (foto LaPresse)

Storia di un auto complotto

"Assalto al decreto Dignità". I grillini s'indignano. Ma non c'è nessuna "manina"

Luca Roberto

L'emendamento del Pd Viscomi (per allungare i contratti a termine) era stato approvato dal relatore 5s Buompane. Scoppia la polemica tra i gruppi parlamentari. In serata raggiunto un compromesso

Questa volta non hanno neppure avuto la tentazione di invocare "manine" fantasiose. Quando si sono accorti che un emendamento al decreto Sostegni bis, a prima firma Antonio Viscomi del Pd, superava in parte il loro amato decreto Dignità, quello introdotto all'epoca del governo gialloverde, i grillini sono sbottati. Come prego?, hanno pensato. Neanche il tempo di smaltire le scorie accumulate con la riforma della prescrizione, che già qualcuno è pronto a esibire sulla pubblica piazza un altro scalpo di questi anni di grillismo, a correggere una stortura della storia? E però, a ben scrutare la faccenda, che qualcosa non tornasse lo si notava già da una scorsa rapida alle tappe con cui quell'emendamento è stato approvato.

 

"Noi in commissione Lavoro ci eravamo espressi a sfavore, poi non so cosa possa essere successo altrove", ci aiuta a ricostruire il deputato M5s Niccolò Invidia. "Di solito capita che nel passaggio in una commissione referente la revisione o l'inserimento di alcuni emendamenti sfuggano. Certo in generale non si generano mostri, come in questo caso". E infatti venerdì i giornali si sono riempiti di retroscena, allusioni, non detti, per cui agli stessi Cinque stelle l'apparizione di questo emendamento – che consente una deroga rispetto al divieto di contratti a termine oltre i 24 mesi se si viene inquadrati con un contratto collettivo – è apparsa come un corpo celeste precipitato sulla terra senza preavviso. In realtà un parere favorevole lo aveva dato il relatore del testo sul decreto Sostegni-bis in commissione Bilancio alla Camera, il deputato grillino Giuseppe Buompane. Al punto che il ministro Di Maio, che poi è il maître à penser dietro al decreto che all'epoca del governo gialloverde avrebbe dovuto rendere un eden il mercato del lavoro in Italia, s'è inalberato con i gruppi parlamentari. Non tanto per il contenuto in sè della proposta emendativa, quanto per l'incapacità di rendersi conto di quanto stesse accadendo.

 

La notizia è pervenuta persino in Bolivia, dove Alessandro Di Battista ha avuto modo di vergare tutto il suo disappunto. "Ieri si è iniziato a picconare il decreto Dignità", ha scritto in un editoriale in cui accusa i ministri Cinque stelle di aver sconfessato la storia del Movimento. Ma un po' per tutta la giornata si sono susseguiti interventi dello stesso calibro. Con il gruppo del Pd costretto a smentire ipotesi di complotti e imboscate, ché insomma con il passaggio in commissione Bilancio alla Camera la vidimazione dei Cinque stella s'era data per assodata. "Resto davvero stupito, da queste polemiche", dice lo stesso Viscomi. "Il Pd ripete sin dal 2018 che il decreto dignità va corretto affidando alla contrattazione collettiva la determinazione delle causali. Ora, quell'esigenza è ancor più evidente alla luce della crisi pandemica, e dunque abbiamo pensato di reintrodurre quel correttivo. Ne abbiamo anche parlato coi colleghi della commissione Lavoro del M5s. A quel punto abbiamo presentato l'emendamento alla commissione Bilancio, e il relatore del decreto, il collega Buompane del M5s, ha dato parere favorevole. Poche ore dopo, forse nel contesto delle tensioni più generali che attraversano la maggioranza, sono piovute critiche e si è gridato allo scandalo. Io difendo quel mio emendamento, perché mi fido della capacità dei sindacati di indicare delle precise specifiche valide per il rinnovo dei contratti a termine".

 

E che però si sia tentato di correre ai ripari lo dimostra pure il compromesso agguantato in serata, su proposta degli stessi relatori in commissione Bilancio, dopo che le polemiche avevano avuto il tempo di infettare ulteriormente la discussione tra alleati. Fino al 30 settembre 2022 il limite di 12 mesi nei contratti di natura subordinata potrà essere superato "qualora si verifichino specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di lavoro". Come lo giudica Viscomi? "Un buon compromesso". Altro che complotto!

Di più su questi argomenti: