Testardi a cavallo

Il "partito Rai" vuole frenare Draghi. In arrivo un ad europeo

Non si può chiamare pressione. E' qualcosa di meno e nello stesso tempo qualcosa di più. In Rai è sempre “di tutto e di più”

Carmelo Caruso

Una danza intorno a Draghi per evitare la nomina di vertici esterni all'azienda. E' il "partito Rai" che prefigura il rischio di una "permanenza difficilissima per il nuovo ad". Un invito in più a farla. Si guarda a un manager che ha lavorato fuori dall'Italia

Dovrebbero correre alle elezioni e uscire finalmente allo scoperto: “Ci presentiamo. Siamo il partito Rai”. Si credono un movimento anche se sono solo dipendenti della televisione pubblica. Sono suscettibili e dunque è meglio dire: dipendenti della più grande “azienda culturale italiana”. Hanno le loro idee su cosa sia la televisione, su come si deve dirigerla. Che male c’è? Nessuno. Ma perché un premier dovrebbe fare come vogliono loro? E che significa “caro presidente, come tu ben sai, l’azienda Rai è una azienda complessa e solamente un uomo interno è adatto a governarla”? Altrimenti?  “Altrimenti…”.

 

Lasciano intendere che chi verrà indicato amministratore delegato avrà la vita difficilissima. Non è una minaccia. Per carità. In Rai queste cose non si fanno. E’ solo una “previsione”. E’ un’inflazione di mezze frasi, di consigli che partono da Viale Mazzini e che arrivano all’orecchio di Mario Draghi che in questo caso è felicemente sordo. Sono frasi che cominciano così: “Non ci permetteremo, ma vorremmo solo spiegare che …”. Come si è detto non si può chiamare pressione. E’ qualcosa di meno e nello stesso tempo qualcosa di più. In Rai è sempre “di tutto e di più”.

 

È la smorfietta di chi combatte a prescindere la novità. In pratica, un premier che ha sostituito il capo dei servizi segreti, il commissario all’Emergenza Covid, il capo della Protezione Civile, dovrebbe riflettere e non fare quello che ha tutta intenzione di fare. Draghi vuole infatti scegliere non solo un manager esterno alla Rai, ma addirittura selezionarlo in Europa. Un grande manager europeo. Lo può fare? Assolutamente sì. Cosa attende? Che Camera e Senato scelgano i consiglieri del Cda. Lo faranno il 7 luglio. E i nomi si sanno (Giampaolo Rossi per Fdi, Francesca Bria per il Pd, Igor De Biasio per la Lega). Manca solo quello del M5s. Il delegato a questa “grande questione” è Vito Crimi che da quel che si capisce è diventato ormai il ragioniere che nelle società (e nei partiti) in amministrazione controllata si occupa di tutto: dalla contabilità alle serrature che non funzionano.

 

Vuole dire che potrebbe esserci un rinvio ma che in ogni caso non può che essere di pochi giorni. Nessuno impedisce a Draghi attraverso il Mef di fare i suoi nomi in anticipo tanto che gli “esperti Rai” in Parlamento si chiedono: “Perché non ha dato il calcio d’inizio?”. Si può rispondere che non l’ha fatto per rispetto dei partiti e si può aggiungere che prima vuole conoscere i nomi espressi e poi fare i suoi. Esiste una short list “non vincolante” di manager. E’ la lista dei “potrebbe essere lui”. Sono stati esaminati da una società di cacciatori di teste e questa società pochi giorni fa ha chiuso i lavori. Ecco perché è montata l’angoscia in Rai. Per la prima volta, da quando è al governo, c’è qualcuno che prefigura a Draghi “il possibile fallimento”. Ed è un invito irresistibile a smentirli. Più dicono “serve un uomo Rai per la Rai” e più Draghi si convince che ne serva uno che in questi anni abbia lavorato fuori dall’Italia. Non si tratta tanto di cambiare la testa di questa televisione ma di vincere la battaglia contro il partito Rai, il movimento dei testardi a cavallo.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio