Da Rousseau alla Cartabia

"Bravo Di Maio. E ora non resta che approvare le riforme sulla giustizia". Parla Sisto

Valerio Valentini

Intervista al sottosegretario alla Giustizia di Forza Italia. "Se la gogna mediatica è un'amolia, bisogna intervenire con delle norme nuove". Prescrizione, inappellabilità e Csm: "La svolta grillina andrà verificata sul campo". E su Salvini: "Il referendum? Alla fine agevolerà le riforme"

Chiederglielo oggi, nel giorno dell’apostasia di Luigi Di Maio, è perfino troppo semplice. “Ma io posso dirvi che sì, sono ottimista sull’esito delle riforme - sorride Francesco Paolo Sisto -  a prescindere dalla lettera del ministro degli Esteri. Che segnala, anzi, proprio la presa d’atto da parte del M5s che stavolta l’occasione è troppo decisiva per lasciarsela scappare”. Insomma, chiede che questo ravvedimento diventi operoso, sulla via che porta alle modifiche al processo penale? “Questo è il tempo di costruire,  non di piantare bandiere. E di certo la presenza di un ministro così autorevole, come Marta Cartabia, toglie alibi a tutti”, spiega il sottosegretario alla Giustizia,  deputato di Forza Italia. Uno che, appena due mesi fa, dall’ortodossia grillina veniva guardato col sospetto che si riserva ai nemici. “Poco importa, ora. Semmai, la concretezza delle buone intenzioni del M5s andrà verificata sul campo. Di Maio parla a ragione della gogna mediatica come di una patologia. E non a caso nel pacchetto di riforme avanzate da Via Arenula c’è anche lo stop alle prassi comunicative che violano la presunzione di non colpevolezza: si pensi alle conferenze stampa dopo gli arresti, al protagonismo di certi magistrati”.

 

Però non è  su quello che si rischia la baruffa, ma sul nodo della prescrizione. “La commissione presieduta dal prof. Lattanzi ha avanzato due proposte. Una punta sulla certezza delle fasi processuali, distinguendo l’assolto in primo grado dal condannato: in caso di condanna, ci sono due anni per celebrare l’Appello e uno per la Cassazione; oltrepassati quei limiti, il tempo trascorso viene recuperato nel calcolo della prescrizione. L’altra via è quella della prescrizione processuale: una via forse più articolata, vista anche la difficoltà  di tenere insieme meccanismi sostanziali e rimedi legati ai tempi del processo”.

 

Poi c’è il tema dell’inappellabilità delle sentenze di primo grado. “E’ una proposta che origina dall'esigenza   di ridurre di almeno il 25 per cento la durata dei processi penali, come ci chiede  l’Europa. E’ in questa stessa ottica che si prospetta di rendere più rigoroso il filtro dell’udienza preliminare, prevedendo la possibilità di rinviare a giudizio solo a fronte di una chiara prognosi di condanna. Il gup, insomma, deve già poter intravedere i titoli di coda del processo. E lo stesso vale per il gip in caso di archiviazione. Quanto all’inappellabilità, per la commissione Lattanzi non ci sarà alcuna limitazione al diritto della difesa di impugnare  la sentenza, ma dovrà essere valutata  solo l’esigenza di una maggiore specificità dell’impugnazione stessa. Il pm, dal suo canto, non potrà ricorrere in appello contro una sentenza di assoluzione, ma potrà ovviamente ricorrere in Cassazione”. La commissione Lattanzi propone anche una norma affinché sia il Parlamento a indicare le priorità nei reati da perseguire. “Deciderà proprio il Parlamento se assumersi questa responsabilità. E  credo che, per chiunque abbia rispetto della democrazia parlamentare, non può che essere una garanzia”.

 

Vaste programme, in ogni caso. Che tempi prevedete? “Le scadenze del Recovery ci impongono serietà. Entro il 2021 bisognerà che le Camere assegnino al governo le deleghe per i decreti necessari. Considerando la sessione di bilancio di fine anno, direi che entro ottobre si dovrà arrivare al voto definitivo per la riforma del processo penale e civile e dell’ordinamento giudiziario”. A proposito: che fare di fronte allo sfacelo del Csm? “A inizio  giugno sarà sottoposta ai partiti la proposta elaborata dalla commissione Luciani, che andrà  verso un ripensamento dei sistemi elettorali e una ridefinizione dei parametri meritocratici per i ruoli di vertice della magistratura, privilegiando criteri più oggettivi e meno discrezionali”. Eppure nel centrodestra c’è chi, come Salvini, poco confida in questo slancio riformatore e annuncia la via del referendum.  “Ritengo, con facile eterogenesi dei fini, il ricorso alla consultazione popolare un potenziale rafforzativo delle riforme e dei tempi di adempimento. Diffonderà tra i cittadini la percezione dell’urgenza del cambiamento”. 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.