L'alleanza pericolante e il sistema elettorale

L'effetto Roma sui dubbi intra-Pd, a partire dal maggioritario

Lo sguardo oltre le amministrative, visti i problemi sul campo locale

Marianna Rizzini

Letta e Boccia sono ottimisti, ma nel partito serpeggia l'incertezza sulla direzione "maggioritaria" impressa dal segretario

Candidare (infine) l’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri a sindaco di Roma, dopo il fallimento delle manovre sotterranee parallele che avrebbero dovuto, in teoria, portare alla candidatura dell’ex segretario pd Nicola Zingaretti, ma prima mettendo al sicuro il quadro nella Regione Lazio, il tutto tenendo a bada il problema Virginia Raggi in cerca del bis. Non ha avuto successo il piano, come non ha avuto successo il precedente tentativo, neanche tanto nascosto, di convincere la sindaca uscente a ritirarsi.

 

 

E ora il Pd si trova a valutare gli effetti del caso Roma, a Nord e a Sud della Capitale. E se a Torino si fatica al punto che Letta ha accomunato la situazione a quella romana (“difficile l’accordo con il M5s”), a Bologna e a Napoli comunque non si sta sereni, nonostante le rassicurazioni del responsabile Enti locali Francesco Boccia, intento a diffondere la visione “bicchiere mezzo pieno”: “Pd e M5s uniti al primo turno, Vincenzo De Luca non pone veti, come Roberto Fico e il M5s”. Bicchiere mezzo pieno anche per Roma: “Andremo al ballottaggio con Gualtieri, e sosterremo l’alleanza con la Raggi ma con Gualtieri sindaco…il sindaco non ha avuto coraggio, le avevamo chiesto di mettersi in discussione”, ha detto ieri Boccia a “L’aria che tira”, su La7. 

 


Tuttavia nel partito ci si interroga. Roma, in prospettiva, preoccupa. Non soltanto in sé – cioè rispetto al Campidoglio – quanto per quello che potrebbe succedere se questo schema di alleanza Pd-Cinque stelle dovesse essere portato avanti costi quel che costi, e in abbinamento con l’altro schema, quello che riguarda la legge elettorale. Enrico Letta, infatti, è tornato da Parigi con l’intenzione dichiarata di rilanciare il sistema maggioritario. Ma se l’alleanza Pd-M5s non è così affidabile, come si vede sul campo (maggioritario) delle città, nel Pd, al momento soprattutto sottotraccia, si ripensa all’altra via: il proporzionale con soglia alta, prospettiva peraltro considerata nel partito ai tempi del Conte II.

 

Non a caso, dall’area di Base Riformista, il senatore Dario Stefàno, presidente della Commissione Politiche della Ue a Palazzo Madama, esprime i suoi dubbi: “Comprendo la posizione di Enrico Letta, ma mi pare molto complicato inquadrare la situazione politica nazionale attuale in un disegno maggioritario. Tanto più che si è visto quanto sia difficile, oggi, immaginare aggregazioni solide e un’alleanza strutturale, e lo dimostrano vicende come quella romana. Neppure a Torino si è riusciti nell’intento, e a Napoli la strada non è sgombra da problemi”.

 

E se il deputato e tesoriere pd Walter Verini, a proposito di Roma, trova che “Gualtieri sia una figura adatta a conciliare il bisogno di visione e quello di concretezza” e si augura che, se non subito, “si possa realizzare al ballottaggio la più ampia coalizione possibile”, il deputato e costituzionalista Stefano Ceccanti non dà colpe al sistema elettorale, anzi: “A me sembra vada benissimo la legge che ti permette di sapere chi sia il vincitore la sera del voto. Certo, dipende dalle condizioni politiche. Devi saperla usare. Nella Capitale il problema si è posto come in tutti i casi in cui c’è un sindaco uscente ricandidato, espressione di uno dei partiti dell’alleanza. Come fanno gli altri, quelli che fino a ieri hanno fatto opposizione contro l’uscente, a riversare i voti sul precedente bersaglio?”.

 

 

Tuttavia nel Pd, ieri, era giorno di riflessione critica. Scriveva su Twitter Lorenza Bonaccorsi, ex sottosegretario al Mibact ed ex assessore nella giunta Zingaretti: “Quelli che si fanno scegliere il candidato sindaco da quelli che esprimono la peggiore sindaca degli ultimi anni… #quandosidiceunalineavincente”. E non era la sola. Correva infatti ufficiosamente l’interrogativo: “Ma se ora stiamo così, cosa succederebbe alle Politiche?”. C’era insomma il timore di dover in futuro dare ragione all’ex ministro di Italia Viva Teresa Bellanova: “Il Pd insegue l’alleanza con i Cinque Stelle, ma alla prova dei fatti non c’è”. Letta intanto procedeva lungo la sua strada (“le primarie saranno una grande festa di popolo”, mentre il candidato di Azione Carlo Calenda metteva la pietra: “Suicidio del Pd”. 
 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.