l'intervista

"Il M5s è nel caos. Smettiamola di sopravvalutare Conte". Parla Marcucci

Valerio Valentini

Le trattative sulle amministrative. "Sbagliato imporre ai territori le logiche nazionali". Il caos romano. "I dem della Capitale sanno cosa pensare della Raggi". La questione femminile nelle candidature e l'allarme sul maggioritario: "Con questo disordine nei 5s, è un rischio"

Stupito, lui, dice di non esserlo granché. “Quando si impongono logiche nazionale sui territori, sorgono sempre dei problemi”. Andrea Marcucci scuote il capo, guardando la piega che stanno prendendo le trattative per le amministrative. Eppure, senatore, di tanti che dovevano corrispondervi non è rimasto neppure tanto. In nessun capoluogo di regione, salvo forse Napoli, ci sarà un accordo al primo turno tra M5s e Pd. Un segnale che qualcosa nella strategia del nuovo centrosinistra non va? “Sostengo da sempre la stessa posizione, della cui validità ho trovato conferme anche nelle recenti e sfortunate regionali in Umbria. Gli accordi per le amministrative devono essere stretti a livello locale, sulla base dei programmi concreti per le città. Le imposizioni nazionali spesso si nutrono di altre logiche. Quello che sta succedendo in queste ore in fondo è già successo tante altre volte. Inoltre osservo che purtroppo non sta uscendo il nome di una candidata da nessuna parte, fatta esclusione di Isabella Conti a Bologna, che però non è la preferita dai vertici. Questo Pd tutto al maschile un po’ mi preoccupa”, incalza Marcucci, rivolgendo nei confronti dei vertici del Nazareno le stesse ragioni, quelle sulla parità di genere, che erano state utilizzate per disarcionare i capigruppo di Camera e Senato dopo l’avvento di Enrico Letta.

 

Ma quote rosa a parte, non sarà anche che avete confidato troppo nel ruolo di Giuseppe Conte come federatore? “Mi sembra che l’attuale situazione dei 5 stelle sia abbastanza confusa. Forse l’errore è stato proprio quello di sottovalutare la realtà e sopravvalutare le possibilità di Conte di intervenire. Un lavoro da fare molto meglio in futuro”.

 

Tra le varie, la vicenda più clamorosa è quella romana. Qui Conte ha collaborato nell’affossare la candidatura di colui che lo aveva elevato al ruolo di punto fortissimo di riferimento dei progressisti, e per di più ha dichiarato il suo pieno sostegno a quella Virginia Raggi che proprio Zingaretti considera “una minaccia per i romani”. Siamo al situazionismo? “Ripeto: tentare un accordo nazionale ovunque è stato un errore. A Roma comunque Gualtieri se la giocherà. Se avessimo seguito la strada di un’intesa locale, nella Capitale mai sarebbe uscita indicazione di un rapporto privilegiato con il movimento di Virginia Raggi. In cinque anni l’opposizione del Pd alla sindaca grillina è stata totale e a tutti i livelli”. 

 

Nel dire che il M5s è convinto che “la Raggi ha cambiato il volto alla città”, Conte ha dato comunque per scontata una convergenza al secondo turno. “Per fare valutazioni, aspettiamo il voto dei cittadini. Spero che le indicazioni delle urne siano più sagge di quelle che possono venire dai vertici dei partiti”.

 

Questo flop sulle alleanze per le amministrative non pone qualche dubbio sulla bontà del percorso intrapreso verso il maggioritario? Ci si può davvero fidare di Conte e del M5s? “Anche in questo caso mi ripeto. Da anni sostengo che la legge elettorale per governare questa situazione fluida sia il proporzionale con soglia alta. Fino a qualche mese fa, era la posizione del Pd. Oggi sento parlare di maggioritario, o di conservazione del Rosatellum. Glielo dico chiaramente, andare a votare con l’attuale legge elettorale sarebbe un grave errore”.

 

Troppo spesso il Pd, almeno in alcune sue componenti, è parso un po’ con lo sguardo rivolto all’indietro, nella nostalgia del vecchio governo. Questo non rischia di dare a Salvini il ruolo di sostenitore privilegiato di Draghi? E l’atteggiamento quantomeno ambiguo tenuto da Conte in questa trattativa sulle amministrative, avrà ripercussioni anche nel vostro atteggiamento verso il M5s? “Non mi sembra così, il rapporto del Pd con Draghi mi pare saldo e solido. Ho chiesto la fiducia al ‘nostro’ governo, la settimana scorsa in Senato sul decreto ‘Sostegni’. La sua scommessa è la nostra scommessa. Per quanto ci riguarda, dobbiamo solo tornare alla vocazione maggioritaria, non farlo solo a parole ma anche con i fatti. Le amministrative sarebbero potute essere un ottimo banco di prova, purtroppo non mi sembra che si vada in quella direzione”.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.