Guido Bertolaso (foto Ansa)

Verso le amministrative

Roma, la destra litiga e dorme. Bertolaso si sfila, adesso spunta Matone

Da mesi non si riunisce il tavolo di centrodestra, che paga anche i rapporti complicati tra Meloni e Salvini

Luca Roberto

L'ex capo della Protezione civile chiude il discorso: "Si cerchino qualcun'altro". Ma tra i partiti della coalizione si spera ancora nel ripensamento. Come nome nuovo spunta l'ipotesi della magistrata

Non è propriamente corretto sostenere che abbia spiazzato tutti. In fondo, è andato avanti ripetendolo per mesi, il diretto interessato. In qualsiasi occasione pubblica o semplice retro pensiero privato. E però il passo indietro che Guido Bertolaso ha confessato oggi al Corriere ("ho ringraziato chi mi voleva sindaco nella Capitale, ma non ho cambiato idea. Sono sicuro, gli ho detto di cercarsi qualcun altro") ha aperto nella coalizione di centrodestra una sorta di voragine nell'opera di reclutamento di chi correrà alle prossime elezioni amministrative d'autunno. Ché in nessuna delle grandi città al voto, a parte Torino, si è riusciti a trovare il nome che accontentasse tutti (e anche lì la convergenza su Paolo Damilano si è verificata ex post, dopo che questi si era candidato da autonomo).

La situazione a Roma appare ancor più intricata che nel resto d'Italia. Come confidano fonti vicine al dossier, il famoso tavolo non si riunisce da tempo, mesi addirittura. Causa una complicazione dei rapporti tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni, sempre intenti a rincorrersi a fini di consenso ora sul Copasir, poi sulla mozione di sfiducia a Speranza, in mezzo la questione coprifuoco. Chi avrebbe potuto trovare il tempo e il tatto di gestire anche la partita candidature in un clima così infuocato?, si sono chiesti dall'una e dall'altra parte. 

Sul nome di Bertolaso sarebbero stati tutti d'accordo, forse. Nessuno come l'ex capo della Protezione civile nella stagione del terremoto dell'Aquila avrebbe saputo interpretare un'equidistanza da Forza Italia, Lega e, forse, da Fratelli d'Italia. Un uomo del fare, più che di partito. Con una scarsa connotazione politica e una forte componente pragmatica. Uno schema che aggrada in primis Salvini, ma a cui anche gli altri non opporrebbero particolari veti.

E ora cosa facciamo?, hanno però iniziato a chiedersi in queste ore. In realtà circola, quasi fosse più un auspicio che una solida e verificabile previsione, una versione alternativa del diniego di Bertolaso: quasi un modo per porre i partiti di fronte a un ulteriore ultimatum. Se volete che mi faccia avanti dovete candidarmi ufficialmente, esporvi, è il ragionamento che sosterrebbe la tesi. Prologo a un eventuale e pianificato ripensamento. 

 

Restano comunque basse le quote che lo danno in partita. Ecco che quindi, sommandosi a un probabile quasi scontato annuncio di Roberto Gualtieri in questa settimana (dovrebbe rilasciare un'intervista a un quotidiano nazionale annunciando la corsa alle primarie del centrodestra, dopo il beneplacito di Enrico Letta), l'impressione è che coloro che sembravano destinati a predicare nel deserto portandosi a casa una vittoria scontata, quasi naturale dopo il disastro dell'amministrazione Raggi, potrebbero adesso trovarsi a rincorrere gli altri finanche nella presentazione di un programma e di una squadra per la riconquista della città.

Allora ecco che spunta la vecchia lista di candidabili, stilata nel caso l'attuale commissario alla gestione della campagna vaccinale lombarda si fosse sfilato: Andrea Abodi per esempio, su cui però il discorso non è mai stato approfondito.

Mentre la novità di queste ore sarebbe Simonetta Matone, magistrato con un lungo curriculum nei tribunali dei minori, personaggio televisivo reso noto dalle numerose ospitate a Porta a Porta nelle analisi di alcuni dei più importanti casi di cronaca nera degli ultimi anni, da Cogne ad Avetrana. Pare piacerebbe particolarmente alla Meloni, ma anche Salvini non ne sarebbe contrariato: forse anche perché la Matone si è attirata gli attacchi degli attivisti Lgbtq dopo essere stata nominata consigliera della rettrice dell'Università Sapienza di Roma Antonella Polimeni: nel 2016 firmò un documento contro il Ddl Cirinnà, e a marzo glielo hanno fatto notare con tanto di volantini e appelli alla rimozione. Forse che in mezzo a questa battaglia campale contro la legge Zan, possa interpretare il profilo adatto per tessere una tregua tra il segretario della Lega e la presidente di Fratelli d'Italia? 

Il tavolo di fatto ancora non si è riunito è nel frullatore di nomi c'è anche quello di Chiara Colosimo, consigliere regionale di Fratelli d'Italia e braccio destro nella Capitale di Giorgia Meloni. Il suo nome è destinato a finire sul tavolo quando inizierà la guerra dei veti, poi si entrerà nel vivo della candidatura e bisognerà trovare un'intesa nel centrodestra che al momento non c'è.

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