Il retroscena

"Giorgetti è come Fini". Salviniani contro Giorgetti. Che non parla con Matteo

I sospetti, i veleni e le manovre che agitano il Carroccio: così il governo Draghi sta dividendo i due big

Simone Canettieri

Il numero due della Lega è attaccato dai deputati del Lazio e del sud per le vertenze bloccate e al nord i fedelissimi del Capitano gli contestano gli errori da Fontana a Busto Arsizio. Intanto il ministro è contro la linea del leader sulle riaperture e sull'Europa: storia di una crisi politica

“Guarda Matteo che Giorgetti sta facendo come Fini. E indovina chi è Berlusconi?”. I parlamentari della nuova Lega, i fedelissimi eletti nel Lazio, ma anche nel sud, da settimane si avvicinano all’orecchio di Salvini e parte il pissi pissi:  ti ha stroncato la visita da Orbán, tace sulle riaperture.  Chi sussurra a Salvini  viene dalle retrovie della destra.

 

E’ gente  che visse, seppur di sguincio, quell’epoca di strani silenzi, retroscena velenosi (mai smentiti)  e frasette  buttate davanti a testimoni, pronti a spifferare tutto. “Matteo protesta?  Salvini fa il Salvini”, ha detto  Giorgetti nel Consiglio dei ministri che ha deciso l’abolizione delle zone gialle fino al 30 aprile. Decreto votato anche dalla Lega in Cdm, mentre fuori il suo leader si sbracciava per andare in direzione opposta (verso un muro).   Poi ci sono quelli della vecchia guardia, i consiglieri regionali lumbàrd che si sono dovuti piegare a Fratelli d’Italia per la scelta del sindaco di Busto Arsizio. Siamo nel Varesotto, dove “il Giancarlo” è il genius loci. “Matteo, perché G.G. non si muove per Busto?”. Salvini sbuffa. Apre le braccia. Tuttavia, il malumore di un pezzo di Lega verso l’eterno numero due del Carroccio monta e si fa sospetto. Pissi pissi, Matteo.  

Altro che gioco delle parti, inizia a esserci qualcosa di reale tra i due.   Giorgetti e Salvini quasi non si parlano più. Rapporti ridotti al minimo, ambasciatori in azione, rispettive curve ben schierate. Dispetti e sgambetti, veleni & veline. Una separazione che è anche comunicativa: Matteo Pandini è rimasto a portare la voce del Capitano e Iva Garibaldi ora è in Via Veneto e maneggia i pesanti silenzi del ministro dello Sviluppo economico. 

 

Tutti i non detto e le smorfie degli ultimi due anni sembrano venire a galla in questo periodo. Sarà che il Capitano fatica a toccare la palla, e che appena la tocca: boom, la butta in tribuna. Gli eletti del Carroccio nel sud rimproverano al loro ministro dello Sviluppo economico la mancanza di risposte, o almeno di prospettive, per le grandi crisi aziendali: dall’ex Ilva a Taranto alla Whirlpool a Napoli. E Giorgia Meloni ringrazia. Quelli del Lazio, invece, dicono che su Alitalia Giorgetti ragiona ancora in chiave bossiana, pensando più a Malpensa che a Fiumicino. E Giorgia Meloni anche qui c’è. “Matteo, perché Giancarlo fa così?”.

 

E anche qui seguono braccia aperte. Mastica e sputa, Salvini. Senza poter far nulla o quasi. Costretto a rispondere, per esempio, delle falle del governatore Attilio Fontana, un altro varesino, l’uomo di Giorgetti al Pirellone, poltrona rifiutata, a suo tempo, proprio dal numero due della Lega. Tutti questi fatti negli ultimi tempi prendono le sembianze dei fantasmi nella mente di chi è costretto a sostenere un governo, ma da fuori. Con domeniche da solo senza nemmeno un selfie per chiacchierare.

 

E allora chi gli sta vicino, tra i parlamentari, gli mette in fila i fatti e la diversa angolatura che poi hanno preso. Salvini non voleva il Papeete, ma si fece convincere proprio dal suo braccio destro: “Con i grillini non si va da nessuna parte”. Lo stesso che in pubblico, rileggendo quel suicidio, dirà che “Matteo ha sbagliato i tempi e i tempi in politica sono tutto”. Non a caso a dicembre proprio Giorgetti, davanti ai primi scricchiolii funesti del Conte II, se ne uscì con un vaticinio dei suoi: “Conte cadrà, ma il centrodestra non è pronto a governare”. Era il giorno della presentazione del libro di Bruno Vespa con Salvini e i leader di centrodestra. Aneddoti vecchi e nuovi. E tanti sospetti. “Draghi è il nostro Cristiano Ronaldo, tu Matteo chi sei: Pasquale Bruno?”, scherzano e aizzano i leghisti poco infatuati di Super Mario. C’è chi sospetta che alla fine Giorgetti e Luca Zaia (a cui è stato preferito Massimo Fedriga per la presidenza della stato-regioni) possano aver stretto un patto per il futuro; c’è chi, tra gli amici di Matteo, già si mette le mani nei  capelli pensando alle prossime nomine. Intanto, il leader ha tolto Guido Guidesi (giorgettiano di ferro) dal dipartimento Attività produttive della Lega per sostituirlo con Massimo Bitonci. Motivazione: fa l’assessore in regione Lombardia. Sarà...
            

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.