Fraccaro fece l'impossibile, nel BisConte, per proteggerlo. Ora si nega ai commenti. I deputati grillini si ammutinano: "non possiamo difendere l'indifendibile". La Catalfo addirittura esulta: "Orlando fa quello che volevo fare io". La rimozione del capo dell'Anpal diventa uno spasso
Riccardo Fraccaro, che quando era sottosegretario a Palazzo Chigi fece l’impossibile per difenderlo, uno adesso se lo aspetterebbe lì, in piedi sulla barricata di Via Veneto, pronto a immolarsi per salvare il suo pupillo. E invece se lo chiami stacca il telefono. Gli scrivi accennando al tema in questione, ma visualizza e non risponde. E allora pare davvero imminente, stavolta, la fine dell’epopea di Mimmo Parisi, il prof. “italopugliese” (cit. Di Maio) chiamato nientemeno che dal Mississippi per guidare l’Agenzia nazionale per le politiche attive (Anpal) e regalare al nostro paese i navigator – oltreché per provare a piazzare la sua app per la lotta alla disoccupazione che pare facesse sfracelli, laggiù tra Jackson e Hattlesburg, ma che la nostra Cdp non se l’è mai sentita di acquistare. A gennaio del 2019 era la star: l’uomo al cui cospetto, sotto le direttive di Rocco Casalino, l’intera delegazione del governo s’appropinquava deferente, davanti la scenografia sbrilluccicosa allestita al Life Hotel per presentare il reddito di cittadinanza (ma anche Lino Banfi patrimonio dell’Unesco), e tutti lì a sgomitare per una foto, un selfie con Mimmo.
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