Cade la protezione di Palazzo Chigi, ma ora è Orlando a difendere Mimmo Parisi

Luciano Capone

A Draghi il professore del Mississippi non piace affatto. Con un’inversione dei ruoli rispetto all’epoca Conte-Catalfo, a confermarlo presidente dell'Anpal è ora il ministro del Lavoro Orlando. Ma la gestione fallimentare delle politiche attive è un problema di credibilità anche per il premier

“La sostituzione di Parisi non è un tema all’ordine del giorno, i vertici dell’Anpal scadono tra molti mesi. Non sono per personalizzare le vicende”, dice a sorpresa il ministro del Lavoro Andrea Orlando, dopo che per anni il suo partito, il Pd, ne ha chiesto la rimozione per incapacità oltre che per incompatibilità. Il premier Mario Draghi non ha particolarmente apprezzato la difesa del “papà dei navigator”. Ma intanto Mimmo Parisi resta al suo posto, da remoto, cioè dal Mississippi, grazie a un equilibrio instabile.

 

Paradossalmente, la situazione è uguale ma ribaltata rispetto a un anno fa, quando al governo c’era Giuseppe Conte. La gestione delle politiche attive, che il precedente ministro Luigi Di Maio aveva deciso di affidare a questo professore pescato nel Mississippi, era talmente problematica che persino la ministra grillina del Lavoro Nunzia Catalfo aveva deciso di liberarsi di lui, anche in seguito a indagini interne che avevano fatto emergere un’incompatibilità di Parisi per il fatto che ha un doppio lavoro con la Mississippi State University. Ma Parisi ha continuato a rimanere al suo posto, nonostante l’insoddisfazione del ministero vigilante, perché godeva di una fortissima protezione a Palazzo Chigi. Da Giuseppe Conte e, soprattutto, dal suo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, che aveva fatto preparare una sorta di scudo legale che legittimasse il suo doppio lavoro in contrasto con l’articolo 5 dello statuto dell’Anpal (il ruolo di presidente è “incompatibile con altri rapporti di lavoro subordinato pubblico o privato”). Si tratta di un parere richiesto al Dipartimento affari giuridici e legislativi (Dagl) di Palazzo Chigi, scritto dal capo del dipartimento Ermanno De Francisco, che, basandosi sulla “mera lettura della bozza della lettera di proposta di incarico” fornita a Parisi dalla sua università, afferma che i due rapporti di lavoro non sarebbero incompatibili in quanto la seconda occupazione di Parisi sarebbe di “natura autonoma”. Non si è mai capito, né è stato spiegato, come mai Palazzo Chigi – che non ha competenze su Anpal – avesse valutato una “bozza” di contratto di Parisi. In ogni caso, l’interpretazione avventurosa del Dagl è stata successivamente smentita dalla stessa Mississippi State University che in una lettera inviata al ministero del Lavoro ha ammesso che Parisi ha un rapporto di lavoro dipendente part-time (quindi non autonomo).

 

Lo scudo legale era quindi di cartone, ma ciò che realmente tutelava Parisi era lo scudo politico del governo. Con l’arrivo di Mario Draghi questa protezione è venuta meno e pareva che Parisi, che continua a gestire (si fa per dire) l’Anpal da migliaia di chilometri di distanza e con diverse ore di fuso orario di differenza, avesse i giorni contati. E invece ora, con un’inversione dei ruoli rispetto all’epoca Conte-Catalfo, a confermare Parisi come commander in chief dei navigator è il ministro del Lavoro Orlando. Parisi è quindi ancora in piedi, anche se in un equilibrio sempre più precario e insostenibile. Ad aggravare la situazione si è infatti aggiunta un’indagine della procura della Corte dei conti del Lazio, di cui il Foglio ha dato notizia un mese fa, sui rimborsi di Parisi, costati oltre 130 mila euro in un anno in buona parte per voli per il Mississippi in business class (“perché soffro di mal di schiena”, si è giustificato Parisi). Si tratta di spese ritenute non giustificate, su cui Anpal servizi non ha mai fatto la dovuta chiarezza che il ministero del Lavoro, a cui spetta vigilare, non ha in realtà preteso.

 

Continuare a tenere Parisi al vertice dell’Anpal, nonostante una gestione completamente fallimentare, è un notevole problema di credibilità politica per il governo Draghi. Il premier è ben consapevole che si tratta di una “figura chiave”, anche perché nel suo primo discorso al Senato ha dedicato un passaggio alla centralità che le politiche attive devono assumere nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e nella riqualificazione e ricollocazione di milioni di lavoratori, un passaggio fondamentale per il rilancio di un’economia che dovrà necessariamente attraversare una profonda trasformazione. E’ questa una convinzione che Draghi aveva già manifestato, in termini più tecnici, nel rapporto per il G30 sull’economia post Covid realizzato con l’economista Raghuram Rajan quando ancora neppure immaginava di dover diventare premier e gestire in prima persona questa fase. L’intenzione di Orlando, come riporta l’Huffington post, al momento pare diversa: lasciare andare Anpal e il suo capo navigator alla deriva per giustificare il riassorbimento nel ministero del Lavoro delle competenze politiche attive. E’ una strategia doppiamente pericolosa: da un lato lascia deteriorare una situazione già incancrenita, mentre bisognerebbe agire presto per prepararsi alla ripresa; dall’altro punta al ritorno al modello di 30 anni fa, superato da grandi paesi come Francia e Germania che riescono a far funzionare bene le loro Agenzie nazionali per il lavoro.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali