Il retroscena

La lite sul Copasir Salvini-Meloni blocca anche il tavolo per Roma. E Raggi ringrazia

Fratelli d'Italia in settimana organizzerà una conferenza stampa sui diritti delle opposizioni. Tensione sempre più alta con la Lega: tutti i dossier sono bloccati

Simone Canettieri

Rapporti tesi tra i due leader per l'organismo di controllo sugli 007. E così la candidatura per il Campidoglio continua a essere in alto mare. Un altro favore alla grillina che si aggiunge alla spaccatura Pd-Calenda

A furia di darsele sulla presidenza del Copasir, Giorgia Meloni e Matteo Salvini stanno insabbiando, forse senza volerlo, il più scottante dei dossier politici: la corsa per il Campidoglio. I rapporti tra i due sono ai minimi termini. Niente di nuovo, fasi già viste, solo che adesso ci sarebbe da prendere qualche decisione importante.

 

Ma, appunto, il Copasir e tutte le trame che si portano dietro gli 007 (tra Ian Fleming, Le Carré e Spinaceto) bloccano ogni cosa. Anche la corsa nel centrodestra per diventare sindaco di Roma, il mestiere più bello del mondo, come ammettono tutti quelli che alla fine ne rifiutano la candidatura.

 

E allora: 0606, Copasir chiama Campidoglio.  Fratelli d’Italia reclama la presidenza del Comitato di controllo sui servizi segreti, la Lega non si muove (dalla poltrona) e lascia il suo Raffaele Volpi. In mezzo: i carteggi non definitivi di Camera e Senato per sbloccare quella che ormai è una vexata quaestio. Ma niente. E così Fratelli d’Italia è pronto in settimana a indire anche una conferenza stampa sui diritti delle opposizioni (tipo socialisti ungheresi) per ribadire soprattutto al caro Salvini di farsi da parte in un organismo così strategico per la sicurezza del paese (“insomma, non stiamo parlando della Vigilanza Rai, che pure quella ci spetterebbe”). In questa guerra – che non può essere che fredda – ci finisce in mezzo Roma. Nulla si muove a destra, mentre sia il Pd e sia Virginia Raggi hanno le idee abbastanza chiare. 

 

Del Pd si sa che questa settimana Enrico Letta lancerà le primarie di coalizione per Roma. Appuntamento tra fine maggio e i primi di giugno, Covid e Viminale permettendo, con la possibilità per gli iscritti dem di votare in remoto via web (dopo la Dad, ecco la Pad: partecipazione a distanza) e per tutti gli altri ci saranno sempre i gazebo. Della sfida farà parte quasi sicuramente Roberto Gualtieri e quasi non sicuramente Nicola Zingaretti. C’è l’incognita, certo, di Carlo Calenda che continua ad andare avanti come un treno, sperando di non finire su un binario morto.

 

Al Nazareno, Calenda è soprannominato “il Marchese del Grillo” in onore della celebre battuta di Alberto Sordi (io so’ io, e voi...). Un po’ è temuto e un po’ si stanno attrezzando a farci i conti. Anche Virginia Raggi, che è espressione di un altro Grillo (il ragionier Giuseppe Piero detto Beppe) veleggia verso l’ignoto del colpaccio, convinta che le basti fare il pieno in tre-quattro municipi periferici per arrivare al ballottaggio. In effetti va forte a Ostia, a San Basilio, a Tor Bella Monaca: territori grandi  come Parma. Raggi non si muove, nonostante Giuseppe Conte.

 

Il futuro leader del M5s ha promesso a Letta che, davanti a un accordo per tutte o quasi le città, lancerà un appello chiaro rivolto alla sindaca: “Virginia, sii generosa, non ostacolare il cambiamento rappresentato da questa alleanza”. Ma la grillina ha già pronta la risposta: grazie, come se avessi accettato (in città i discendenti dei quiriti dicono: ciao core). E quindi alla fine tutto si muove. Eccetto che nel centrodestra. Dove si segnala l’attivismo di Maurizio Gasparri, rifondatore di Forza Italia nell’Urbe (“uso la mia scheda sim come bussola, chiamo e incontro gente”). Ma insomma da solo non basta. Il fatto è che Meloni e Salvini, al di là dei consiglieri municipali che si sono scippati in questi mesi-anni, non convocano il tavolo per le amministrative. E non c’è solo il nodo di Roma, sia chiaro. Ma  la sfida del Campidoglio è quella più importante: è la città di Giorgia, è il bagno purificatore della Lega senza nord. Ma nada: Guido Bertolaso ha detto di no ma chissà, il manager del Credito sportivo Andrea Abodi non convince, il presidente della Croce Rossa Francesco Rocca piace, ma non troppo. E in più, appunto, i rapporti tra i due leader sono quelli che sono: e questa vicenda del Copasir rischia di scavare un solco tra i due, grande come una buca di Roma. Sicché gli alleati di Raggi aumentano. Si è alla riedizione del "complotto per farci vincere", come disse Paola Taverna nel 2016?   

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.