la lotta al covid

Così Draghi e Figliuolo provano a semplificare il garbuglio intorno al Cts

Valerio Valentini

Garofoli lavora per archiviare i dpcm. Il commissario straordinario sbuffa per le lentezze nella trasmissione dei dati tra regioni e Roma ("Così siamo sempre a rincorrere") e propone di estendere l'orario giornaliero di somministrazione dei vaccini. I dubbi di Speranza

Ai reduci del BisConte, le lamentele dei nuovi arrivati a Palazzo Chigi sono risuonate come un’eco ritrita: “Benvenuti in trincea”, hanno sibilato. Ce l’avevano con Mario Draghi, e più ancora con Fabrizio Curcio e Francesco Figliuolo, che hanno sbuffato per l’eccessiva lentezza con cui i dati sull’andamento dell’epidemia vengono raccolti, elaborati, vagliati. “I report del venerdì - hanno convenuto il capo della Protezione civile e il commissario straordinario - si basano sui numeri della domenica precedente. Per cui le ordinanze sulle restrizioni, entrando in vigore il lunedì successivo, sono già vecchie”.

 

E insomma bisognerebbe sveltire le procedure, per non essere sempre costretti a rincorrere il virus. Solo che Roberto Speranza alza le mani, dice che i tempi non sono comprimibili, più di tanto. “A noi i dati dalle regioni arrivano tra il mercoledì sera e il giovedì mattina”, spiegano al ministero della Salute. Di lì, parte un confronto tra l’Istituto superiore di sanità e le regioni, cui poi si aggiunge il vertice tra governatori e ministri coinvolti, nel mentre che la cabina di regia, col vaglio del Cts, produce il report quindicinale sulla base del quale si procede a stabilire il cambio di colore. E certo ogni passaggio sarà indubbiamente necessario. Ma a un generale come Figliuolo, uno che spesso spiazza pure i suoi interlocutori politici col suo perenne ricorso agli acronimi (“Il capo dello Sme ha dato disposizioni al Coi di coordinarsi con la Pro.Civ”, arriva a dire, tutto sincopato, per spiegare come la Difesa si relaziona con la Protezione civile), tutto deve apparire eccessivamente barocco.

 

Ci sarebbe da convincere le regioni ad accelerare. Ma le regioni, a loro volta, lamentano l’eccessiva complessità dell’algoritmo utilizzato: “Se ci chiedete di fornirvi numeri per ventuno parametri, poi non potete meravigliarvi che tutto si complichi”, dicono i governatori di centrodestra. Che, da quando è cambiato il governo, sono tornati a fare maggiore pressione sulla ministra Gelmini perché perori la loro causa. Ben sapendo, però, che non riusciranno a smuovere né Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss, né soprattutto Goffredo Zaccardi, settantasettenne immarcescibile capo di gabinetto di Speranza (confermato nell’agosto scorso, in deroga alle leggi ordinarie, attraverso un’ordinanza della Protezione civile con una procedura che ha irritato non poco Palazzo Chigi e, si dice, perfino il Quirinale). In fondo anche lo snellimento del Cts, disposto a inizio settimana, doveva mirare a questo obiettivo (salvo la figuraccia del fantomatico esperto di numeri Alberto Gerli, voluto dalla Lega nel nuovo Cts e dimessosi dopo neppure quarantott’ore). “Stavamo diventando l’ufficio complicazione affari semplici”, ha detto Agostino Miozzo, che quel Comitato lo ha diretto per oltre un anno, prima di salutare tutti e andare a lavorare col ministro dell’Istruzione Bianchi, al quale ha subito raccontato delle sue nipotine che, vivendo a Madrid, non hanno perso neppure un giorno di scuola (“Ora capisce, ministro, perché questa battaglia mi accalora tanto?”).

 

La svolta, allora, per adesso starà più che altro in un segnale politico. Perché Roberto Garofoli, sottosegretario alla Presidenza dalle cui mani tutto passa e tutto viene controllato, ha già lasciato intendere che nel prossimo decreto Covid, quello che entrerà in vigore dopo il 6 aprile e su cui bisognerà iniziare a lavorare già dalla prossima settimana, non si dovrà fare alcun accenno al ricorso dei dpcm, ribadendo così il superamento dello strumento normativo che, ben oltre i suoi propri difetti oggettivi, è finito al centro della gazzarra parlamentare. D’ora in avanti, dunque, i parametri di riferimento per gestire i passaggi di fascia delle regioni e le conseguenti misure da adottare, verranno stabilite da decreti legge. E forse quella sarà l’occasione per provare ad accelerare l’iter di trasmissione dei dati tra le regioni e Roma, semplificando le procedure nei limiti del possibile.

 

Di certo, invece, si accelererà sul piano vaccinale. O, quanto meno, si tenterà di recuperare il tempo perduto dopo il pasticciaccio legato alla sospensione di AstraZeneca. “La somministrazione di quel vaccino”, ha sentenziato Draghi subito dopo il previsto via libera dell’Ema, “riprenderà già da domani. La priorità del governo rimane quella di realizzare il maggior numero di vaccinazioni nel più breve tempo possibile”. E anche per questo il generale Figliuolo ha dato la sua disponibilità ad estendere, entro l’inizio della prossima settimana, la finestra giornaliera di somministrazione del siero nei centri preposti, che potrebbero dunque restare aperti almeno fino alle dieci di sera, e riaprire già alle sei del mattino. 
 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.