Perché Casaleggio non vuole (ancora) rompere con il M5s

Dove vuole arrivare il presidente dell'associazione Rousseau? Quel consiglio legale ignorato e il ruolo di Alessandro Di Battista, leader mancato

Casaleggio vuole uscire dal M5s o vuole innescare una battaglia legale con Beppe Grillo e Giuseppe Conte sui dati degli iscritti e la governance grillina? "Secondo me qua va a finire davanti agli avvocati, come al solito" dice al Foglio un deputato Cinque Stelle di primo piano. Intanto tutti, nel gruppone in Parlamento, si fanno la stessa domanda. Cosa vuole fare Davide? Dove vuole arrivare il presidente dell'associazione Rousseau? Una risposta potrebbe arrivare dal recente passato.

 

La storia ce la racconta un avvocato romano che, tramite amici in comune, si era ritrovato a fare da consigliere al figlio del cofondatore del Movimento. Siamo a settembre del 2020. La decisione sull'organo collegiale sarebbe arrivata soltanto due mesi dopo, agli Stati Generali di novembre più volte rinviati causa pandemia. Poco prima dell'inizio dell'autunno, il M5s ribolle come non mai. Il 14 settembre Casaleggio junior scriveva agli iscritti una dura lettera contro i parlamentari che non versano più i 300 euro mensili per il mantenimento di Rousseau. "A causa delle protratte e gravi morosità di diversi portavoce del MoVimento 5 Stelle che da troppi mesi hanno deciso di venir meno agli impegni presi, saremo costretti a ridurre progressivamente diversi servizi e strumenti le cui spese di funzionamento, in assenza delle entrate previste, non risultano ovviamente più sostenibili", informava Casaleggio. Alta tensione con i gruppi parlamentari e con il malcapitato reggente Vito Crimi. 

 

Sullo sfondo, l'incertezza sul futuro del M5s. Nel buio più totale il destino degli Stati Generali che avrebbero dovuto consacrare la leadership del futuro. Il momento ideale per approfittare del vuoto di potere. Con Alessandro Di Battista che, proprio in quei giorni, era l'oggetto di una forte campagna sui social da parte di alcuni attivisti decisi a indire un voto per l'elezione di un capo politico unico. A questo punto della storia tutte le varie dissidenze del grillismo sembrano saldarsi. A Casaleggio arrivano consigli da mondi apparentemente lontani. L'obiettivo è il sabotaggio del percorso che avrebbe portato prima agli Stati Generali, poi alla decisione di una governance collegiale, infine a rimescolare tutto con l'ascesa nel partito di Giuseppe Conte. I mondi distanti cominciano a parlarsi. Ed ecco che al capo di Rousseau arriva un consiglio legale da parte di un avvocato della Capitale. È lui a raccontarlo al Foglio sotto garanzia di anonimato: "A settembre io gli avevo detto di creare una nuova funzione di Rousseau per permettere di fare petizioni al capo politico e di far raccogliere firme per l'elezione di un nuovo capo politico ai sensi del codice civile, ma lui non ha voluto rompere". Forte del consenso tra gli attivisti, nei piani il nuovo leader sarebbe dovuto essere Di Battista. Con un blitz in piena regola che però avrebbe portato all'implosione del M5s. Il big bang che, per certi versi, stiamo osservando oggi. "Casaleggio però non ha voluto rompere", si conclude il racconto. Da ciò appare chiaro come l'obiettivo sia la trattativa per il contratto di servizio con il M5s.  Solo dopo c'è l'ipotesi della battaglia legale. 

 

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