altro che manine sul recovery

Ecco perché lo "scandalo McKinsey al Mef" non è uno scandalo

Luciano Capone e Valerio Valentini

Una giornata di polemiche, poi il chiarimento di Via XX Settembre: la società di consulenza non si occupa della scrittura del Recovery. McKinsey ha rapporti decennali coi governi italiani: nel Conte Bis, ha collaborato nella stesura dei decreti "Ristori"

Molto rumore per nulla, o quasi. La mano oscura di McKinsey sul Recovery plan evidentemente non c’è. E a chiarirlo, dopo una mezza giornata di polemiche sui social e sui giornali – con una consonanza d’indignazione che va da Stefano Fassina a Giorgia Meloni – è lo stesso ministero dell’Economia. “In merito ad articoli di stampa relativi ai rapporti in essere con la società McKinsey, si precisa che la governance del Pnrr italiano è in capo alle Amministrazioni competenti e alle strutture del Mef che si avvalgono di personale interno degli uffici”, scrivono da Via XX Settembre in un comunicato ufficiale. Precisando che “McKinsey, così come altre società di servizi che regolarmente supportano l’Amministrazione nell’ambito di contratti attivi da tempo e su diversi progetti in corso, non è coinvolta nella definizione dei progetti del Pnrr”.

 

E in effetti, stando a quanto risulta al Foglio, i rapporti del Mef con la multinazionale della consulenza americana, così come altre società private del settore, sono più che decennali. Ce lo conferma anche un ex ministro dell’Economia, che dice di “stupirsi dello stupore”, spiegando che è la prassi consolidata, non solo in Italia ma un po’ dovunque in Europa, affidarsi a società private in questo campo. E del resto anche il governo precedente, il Conte Bis, aveva rapporti stabili con McKinsey, che ha collaborato col Mef anche, da ultimo, nel perfezionamento dei decreti “Ristori”.

 

Certo, il caso di specie si prestava a ricostruzioni sospettose, perché in discussione era il Pnrr, il Piano nazionale che l’Italia deve inviare a Bruxelles entro aprile per vedersi erogati i fondi del Recovery plan. Davvero una società privata di consulenza sta scrivendo il progetto la cui governante, secondo il premier Mario Draghi, sarebbe incardinata al Mef? Davvero, dopo aver rinunciato all’idea avanzata da Giuseppe Conte di affidarsi a task force esterne ai ministeri, ora ci si rivolge addirittura a un colosso della consulenza statunitense? Pare proprio di no. “Gli aspetti decisionali, di valutazione e definizione dei diversi progetti di investimento e di riforma inseriti nel Recovery plan italiano restano unicamente in mano alle pubbliche amministrazioni coinvolte e competenti per materia”, spiegano al Mef.

 

“L’Amministrazione – prosegue il comunicato ufficiale – si avvale di supporto esterno nei casi in cui siano necessarie competenze tecniche specialistiche, o quando il carico di lavoro è anomalo e i tempi di chiusura sono ristretti, come nel caso del Pnrr. In particolare, l’attività di supporto richiesta a McKinsey riguarda l’elaborazione di uno studio sui piani nazionali 'Next Generation' già predisposti dagli altri paesi dell’Unione Europea e un supporto tecnico-operativo di project-management per il monitoraggio dei diversi filoni di lavoro per la finalizzazione del Piano”. Nulla, insomma, che abbia a che vedere con la stesura effettiva del piano e con la definizione del merito dei progetti e delle riforme contenuti nel Pnrr. Quanto ai dettagli della collaborazione, Via XX Settembre precisa che “il contratto con McKinsey ha un valore di 25mila euro + iva ed è stato affidato ai sensi dell’art. 36, comma 2, del Codice degli Appalti, ovvero dei cosiddetti contratti diretti ‘sotto soglia’”.

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