(foto Ansa)

"Superare Parisi con il metodo Draghi", ci dice Nannicini

Luca Roberto

"Non ho cambiato idea, è incompatibile al vertice di Anpal. Il sostituto ideale è un manager. Si agisca come con il commissario all'emergenza". Parla il senatore del Pd

Il senatore del Partito democratico Tommaso Nannicini dice che “le prime scelte di Andrea Orlando al ministero del Lavoro vanno nella giusta direzione: sia nella nomina di personalità come Chiara Saraceno nel board che dovrà valutare la reale efficacia del reddito di cittadinanza. Sia nel mettere al centro del tavolo con i sindacati la riforma degli ammortizzatori sociali e la tutela dei disoccupati”. E' per questo che, come ripeterà più volte durante il colloquio, “al vertice di Anpal c'è bisogno di discontinuità”. Ha letto dell'interessamento della Corte dei Conti sulle spese di Mimmo Parisi, di cui abbiamo dato conto ieri sul Foglio, e non ha cambiato idea di una virgola rispetto a quanto andava predicando da tempo. “Per me era e resta incompatibile per ricoprire quel ruolo. Il cambio di governo non può che aggravare questa valutazione e ci aspettiamo risposte in tal senso da parte del nuovo ministro. Fermo restando questo punto, non è solo un problema di nomi. Bisogna riformare profondamente l'agenzia, fondere politiche attive e politiche passive. Non possiamo perdere tempo. Si scelga il metodo più efficace: commissario e poi governance, oppure governance e nuovi vertici. Ma lo si faccia nel giro di settimane, non mesi. Dirò di più: il metodo di Draghi nella sostituzione di Arcuri dà anche un'indicazione. Si è capito qual era il tasto dolente, la logistica, e si è presa la figura giusta. Qui dobbiamo fare la stessa cosa. Non giocare col Cencelli dei nomi, ma capire qual'è il ruolo di un'agenzia come Anpal. Già la scelta della persona nasconde un'idea di politiche del lavoro che in questo momento non c'è”. Ci fa il nome di una personalità che potrebbe sostituire Parisi? “Abbiamo bisogno di un manager, di qualcuno a cui la politica dia un indirizzo chiaro. Un esperto di processi e di organizzazione aziendale che prenda questo piano e lo porti a compimento nel giro di 12-24 mesi. Mi aspetto il metodo Draghi di fronte ai problemi enormi che ha il paese, alla bomba occupazionale dietro l'angolo. Con il nuovo presidente del Consiglio abbiamo scelto il numero uno, qualsiasi soluzione dal numero due in giù sarebbe insufficiente”.

 

Ecco che torna subito d'attualità, quindi, il ripensamento di uno strumento che nei mesi della pandemia è servito a tenere a galla le famiglie più povere, ma sul lato della formazione e dell'inserimento nel mercato del lavoro ha miseramente fallito. “Il reddito di cittadinanza deve ritrovare il ruolo che ha sempre in un sistema di welfare maturo, cioè uno strumento forte per il contrasto alla povertà. Ma le politiche attive del lavoro, il sostegno ai disoccupati, sono un'altra cosa. Questo equivoco va sciolto. Lo stesso Di Maio sembra averlo capito. Ma per farlo serve un piano industriale forte, con un disegno che ripensi tutto: dalle banche dati alla valutazione degli enti che fanno formazione. C'è bisogno di una regia forte dal centro. Si parta anche da un uso diverso delle risorse europee. La Germania è uno stato federale, però le risorse europee per le politiche del lavoro vengono spese per l'80 per cento dal governo centrale e per il 20 per cento dai lander”.

 

Nannicini, a cui ci tocca dare per telefono la notizia delle dimissioni di Nicola Zingaretti da segretario del Partito democratico (“Ma sta scherzando? Non me l'aspettavo”) spiega pure qual è l'orizzonte della proroga al blocco dei licenziamenti. “Ha senso arrivare fino allo spiraglio dell'estate. E' chiaro che l'Italia è il paese che l'ha tenuto più a lungo e non possiamo pensare che la risposta venga solo dall'ingessare la situazione. Però non possiamo dire che non ci sarà da cambiare. Non lasceremo nessuno da solo nella fatica del cambiamento. Ci saranno imprese che chiuderanno, lavoratori che perderanno il posto, altri che lo ritroveranno. L'ora X l'abbiamo rimandata a lungo. Dobbiamo cominciare a pensare a un'uscita selettiva dal blocco. Sostenendo alcuni settori ma permettendo ad altri di ristrutturarsi. Altrimenti è una bomba che ci esploderà in mano, come una pentola a pressione”.

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