(foto Ansa)

editoriali

È Draghi, mica Mandrake

redazione

Virus ed economia hanno la priorità. Per il resto non si chiedano miracoli

A leggere le attese suscitate dal governo di Mario Draghi si può pensare che qualcuno lo abbia confuso con Mandrake. C’è chi si aspetta che la burocrazia diventi immediatamente efficiente, rispettosa e comprensibile, che la giustizia sia resa rapida e imparziale, che la scuola formi una generazione di tecnici preparati in grado di affrontare le novità tecnologiche del mondo del lavoro, che le carceri siano umane e in grado di riabilitare i detenuti, che le tasse diminuiscano mentre il debito si riduce, per non parlare dello sviluppo produttivo, naturalmente sostenibile, che farà contenti gli ecologisti e gli investitori, che naturalmente accorreranno a frotte per finanziare il nuovo miracolo italiano.

 

Si possono aggiungere alla lista altre aspettative altrettanto mirabolanti, a cominciare naturalmente dall’immediato arrivo di decine di milioni di dosi di vaccino che saranno distribuite ordinatamente a tutti e subito. L’idea che il nuovo governo deve affrontare tutte le situazioni critiche ereditate, alcune delle quali inseverite dalla pandemia, è giusta, ma non si può dimenticare che un governo destinato a durare uno o al massimo due anni, sui quali pesa l’ombra di una situazione sanitaria ancora lontana dall’essere sotto controllo, ha limiti oggettivi invalicabili. C’è da sperare che si possano avviare riforme modernizzatrici, che si riesca a gestire in modo responsabile la crisi sanitaria e quella economica, insomma che si indichi una via virtuosa per affrontare i problemi, quelli antichi e quelli nuovi, che affliggono l’Italia. Portare l’entusiasmo per il cambio di passo rappresentato dal nuovo governo fino a suscitare l’attesa di miracoli incredibili non è ragionevole e può diventare persino controproducente, deludendo rapidamente le speranze alimentate in modo irrazionale.

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