Parisi (La Presse)

"Così il Pd rischia di perdersi". Lo dice il fondatore del Pd

Carmelo Caruso

Assenza di linea chiara sui migranti, accuse a Minniti. “Zingaretti temo che abbai alla luna”. Parla Arturo Parisi

Matteo Orfini dice che le politiche migratorie del governo Gentiloni-Minniti “sono state un fallimento”. Maria Elena Boschi ha dichiarato che, sull’immigrazione, Marco Minniti “segue il canovaccio di Matteo Salvini”. Ma davvero, a sinistra, è possibile pensarlo? “Non lo pensano soltanto ma lo dicono pure. E lo dicono nel Pd, il partito che lo applaudiva. Il partito del quale, Minniti, stava per diventare il segretario”.

 

Con Arturo Parisi, l’altro professore, quello che il Pd, insieme a “il professore” Romano Prodi, lo ha pensato e fatto vivere, ci scriviamo per un lunghissimo pomeriggio. E infatti, senza vederci, ci seguiamo sulla tastiera del telefono e ci interroghiamo su sinistra e immigrazione, sulle parole di Minniti, al Foglio, che, a sinistra, rimane l’anomalia, l’uomo da nascondere. Conversiamo di un governo (Gentiloni) che il Pd vuole oggi rimuovere, come se non fosse quello del commissario europeo, e parliamo di Nicola Zingaretti, il segretario che ha chiesto a Giuseppe Conte “misure urgenti” per contenere gli sbarchi.

 

Vorremmo, con lui, capire qual è stato l’attimo. Da quando si può accostare un ex ministro come Minniti all’altro ministro, quello che utilizzava il Viminale come scenografia per le sue gozzoviglie? “Quello che si dice oggi su Minniti non è una novità. Il peggio è che purtroppo si pensa da sempre. Prima, durante, dopo, e, a prescindere da Salvini” ci risponde Parisi.

 

Gli chiediamo allora se abbia capito quale linea, sui migranti, il partito abbia intenzione di seguire. Esiste una piccola ma agguerrita corrente che chiede l’abolizione dei decreti sicurezza. Un’altra, rappresentata dai sindaci, che vuole tornare alle vecchie quote abolite dalla Bossi-Fini. Sono passati undici mesi di governo. Insomma, qual è? “Linea no. Diciamo il punto”. Per il professore non sono la stessa cosa. Spiega che nel Pd, il sentimento del tempo è adesso “l’impotenza”, anzi, “un senso di profonda impotenza”.

 

“E’ l’esito della contraddizione – spiega – tra il sentimento che è stato incoraggiato nella base e la responsabilità da parte del vertice di governare uno dei processi più drammatici del nostro tempo. Basta rileggersi le parole di Zingaretti dell’altro ieri. Ha detto così: ‘Non c’è politica sull’immigrazione, non c’è niente’. Seguite da quel ‘ma magari si andasse a votare. Più impotenza di questa’ ”.

 

Nel Pd si è deciso di non incidere e per i suoi amministratori, uomini pragmatici e di territorio, questa è la peggiore delle scelte quando ci si misura con la sicurezza. Parisi è stato, tra le altre cose, ministro della Difesa ed è dell’opinione che la parola sicurezza “una volta abbandonata è inevitabile la afferri qualcun altro. Anche chi non ha titolo e tanto meglio solo a parole”. Conferma qualcosa che molti hanno in testa: “Per la sinistra, la sicurezza, è un tema imbarazzante perché chiama in causa la categoria dei doveri mentre la sinistra sembra trovarsi a suo agio, un agio troppo facile, solo con diritti”.

 

E però, Parisi consiglia di lasciare stare, per un attimo, la sicurezza che è messa in causa da molte parti, compresa certo dall’immigrazione. Ma non solo da essa”. Dice qualcosa di enorme: “Qui è l’ordine sociale a essere a rischio. E’ la percezione, da parte dei cittadini, di una immigrazione come un fenomeno non governato, assieme alla presenza di una quota crescente di popolazione, né integrata né accolta. Una percezione che viene da troppi cavalcata e sfruttata e rischia di avvelenare il paese”.

 

 

Salvini, che è la figura che sempre la cavalca, ha annusato la carne e si sposta nelle isolette tormentate, nei piccoli comuni dove arrivano non più barconi ma piccoli barchini pronto a denunciare “l’invasione”, la “cattiva gestione” adesso che al governo non c’è lui. Ma quanto lo aiuta, a volte, la sinistra? Con frasi come “il governo Gentiloni ha fallito nella strategia di gestione dei flussi migratori”, non si lascia forse al leader della Lega l’opportunità di presentarsi come chi ha risolto tutto anche se non ha risolto nulla? Perché farlo?

 

Spiega Parisi: “Perché è più facile accogliere alla leggera l’ordine del giorno di Orfini contro i decreti Salvini all’assemblea di Bologna come se fosse una cosa da nulla invece di aprire un confronto serio sull’immigrazione pensando alla sintesi e alle responsabilità di governo che attendevano il partito”. Parisi non ce l’ha ovviamente con Orfini “che si sente, giustamente, preso in giro” ma ha chiaro quali risultati abbia prodotto questo metodo: “I 5s rivendicano i decreti Salvini nel segno della continuità dei loro governi. Zingaretti abbaia lamentoso alla luna denunciando come “assenza di una politica sull’immigrazione” il fatto che il governo non risolve le contraddizioni del suo partito e l’impotenza della sua segreteria”.

 

Non è un segreto. Il Pd è in difficoltà su questo argomento. Non si spiegherebbero altrimenti le parole di ieri del segretario del Pd (“Gli arrivi a Lampedusa sono inaccettabili”). Prima la riforma della prescrizione (che non c’è stata) e ora l’immigrazione. Ci congediamo da Parisi con questa domanda: caro professore, il Pd può ancora perdere battaglie a favore dei 5s? “Dopo una grande sconfitta, una volta mi capitò di dire che è meglio ‘perdere che perdersi’. Forse lo dissi perché suonava bene. Forse lo dissi anche per consolarmi in parte. Con il tempo mi è però capitato di capire meglio quello che avevo allora detto. Ho paura che il Pd sia oggi finito nella condizione opposta. Quella in cui pur non perdendo sembra essersi perso. Vincere o perdere sembra che ai suoi stessi occhi faccia poca differenza. L’unica cosa che conta è esserci”.