Il palazzo del Quirinale (foto LaPresse)

Il Quirinale? A noi!

Salvatore Merlo

“Rieleggeremo Mattarella. A meno che Salvini non se la giochi bene. I voti li avremmo”, dice Storace (FdI)

Roma. Tutti fingono d’essere disinteressati, ma all’ombra di un governo nato quasi esclusivamente per spostare l’asse parlamentare a sinistra e mettere al riparo dal sovranismo la presidenza della Repubblica, ecco che tutt’intorno al Quirinale è in realtà già cominciata da tempo la lunga gara presidenziale per il 2022. “Sergio Mattarella avrà ottantun anni ben portati. E finirà che lo terremo al Colle per altri sette”, preconizza Francesco Storace, uomo il cui fascino risiede in quella che si potrebbe chiamare la caratterizzazione della schiettezza. E infatti se tutti si ritraggono in guscio, e fingono che nulla accada, lui al contrario parla.

 

E allora, sostiene Storace, che ovviamente sta a destra con Giorgia Meloni: il vero grande candidato è Sergio Mattarella, “a meno che il centrodestra non decida finalmente di agire unitariamente. Mi pare infatti che a sinistra, dove sono attivissimi, la facciano un po’ troppo semplice. Guardate che non sarà il Pd a scegliere il prossimo presidente. E’ scritto nei numeri. Matteo Salvini non sbaglia, quando lo dice. Ho fatto i calcoli. Il centrodestra ha 430 grandi elettori, i Cinque stelle ne hanno circa 300 e la sinistra variamente intesa è ferma a 283. Sapete che significa? Significa che se alla fine il centrodestra rimane compatto, insomma se non facciamo stupidaggini, ci mancano una settantina di voti per avere la maggioranza al quarto scrutinio”. Ed eleggere il presidente della Repubblica.

 

Sarebbe una beffa. E i settanta voti dove li trovate? “Ci vorrebbe un Denis Verdini”. Che in realtà c’è. È anche mezzo parente di Salvini. “Ma è essenziale che il centrodestra non esploda da qui al 2022”, insiste Storace. Bisognerà coccolare Berlusconi. Dismettere certi atteggiamenti forse, da parte della Lega, un po’ vessatori. “Eccerto. Con i suoi 155 parlamentari Berlusconi è l’unica vera variabile. Assieme a Renzi, che avrà 48 voti. Se vuole avere speranze, la sinistra dovrà ciucciarsi Renzi. E il centrodestra dovrà restare unito. Guai a farsi prendere dalla sindrome dell’autosufficienza. Questo Meloni mi pare l’abbia ben chiaro”. E Salvini? “A volte un po’ meno”. Eppure i settanta voti mancanti, per il Quirinale, non sono pochissimi. “Ma sono molti meno di quelli che mancano alla sinistra”. Che però ha un rapporto di alleanza con i 5 stelle (e Dario Franceschini è pronto a giurarlo). “Sì e no”, risponde Storace. “Il voto per il Quirinale nel 2022 sarà libero da condizionamenti. Da ricattucci. Sarà un voto di fine legislatura. Una cosa da liberi tutti. Un voto strano. Con i 5 stelle che chissà se resteranno uniti. Quelli sono si possono spostare in modo imprevedibile”. E allora Storace abbassa la voce di un mezzo tono, come se stesse facendo una confidenza di cui un po’ si vergogna: “Guardate che Di Maio non è uno stupido”. Certo, ci mancherebbe. “Starà pensando a un candidato, uno loro. Un nome da far digerire alla sinistra”.

 

E allora, fuor d’ipocrisia, visto che tutti ne parlano, tutti ci sperano, eppure tutti tacciono: chi sono i veri candidati al Quirinale? “Intanto Walter Veltroni”, che, dice Storace, “è persona gradevole, ma tutti sanno che è troppo cattivo anche per concedere solo una grazia”. Poi Romano Prodi “ma i grillini non lo voteranno mai”. Dario Franceschini? “L’unico a crederci è lui”. Marta Cartabia, la presidente della Corte costituzionale? “Ecco questa è una candidatura forte. Un po’ perché donna, un po’ perché non la conosce nessuno e un po’ perché non è attribuibile alla sinistra”. C’è anche Pier Ferdinando Casini, “che le sue carte le può giocare. Eletto a sinistra e votato anche dalla destra. Ma è giovane. Ed essere giovani non aiuta. Il presidente non deve avere troppe energie. E non deve spaventare”. Mario Draghi? “Sì, ma solo se passa al primo scrutinio. Non è uno che puoi rosolare”. E la presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati? “Può avere la base elettorale del centrodestra, ma bisogna capire chi altro la voterebbe”. C’è anche Giuseppe Conte, nella partita, “lui forse ci pensa. Ma davvero nessuno si fida di lui. Figuriamoci il Pd. Qua si tratta di consegnare un assegno in bianco che dura sette anni”. E Berlusconi? “Non mi pare ci siano le condizioni politiche”. Dunque chi è il candidato più forte? “Mattarella”, lo ripeto. “A meno che il centrodestra non se la giochi bene, rimanendo unito”. Eppure quasi non ha candidati, la destra. Non ci sono nomi. “A me piace Guido Crosetto. Ma quando ci si renderà conto che il centrodestra può dare le carte, ecco che arriveranno anche i candidati”. E Salvini l’ha capito? “Salvini non lo so, la Meloni credo proprio di sì”.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.