A Torino il flash mob di protesta degli infermieri organizzato da "Nursind Piemonte" (foto LaPresse)

“Senza di noi non c'è ripartenza”. I professionisti contro il governo

Marianna Rizzini

Infermieri, architetti, commercialisti, consulenti, ingegneri: anche loro chiedono il bonus e sono pronti a scioperare il 4 giugno

Roma. La ripresa di una vita quasi normale, le città che ricominciano ad animarsi e il rendersi conto che non è tutto come prima. Il ciclone dell’emergenza coronavirus è passato ovunque, anche nei settori non immediatamente colpiti dal lockdown, quelli dei professionisti che hanno potuto magari lavorare da remoto o in presenza, ma che, come effetto indiretto del lockdown, hanno subìto un drastico calo di fatturato oppure danni alla propria salute. Si tratta dei lavoratori di ventidue ordini professionali che vogliono fare sentire ora al governo il proprio disagio (e attivarsi per chiedere correzioni al decreto “Rilancio” nel corso della conversione parlamentare). Al punto da scioperare, il 4 giugno: due ore, dalle 10.30 alle 12.30, con una manifestazione online sui social network delle categorie. Tra gli altri, sciopereranno gli architetti, gli infermieri, i commercialisti, i consulenti del lavoro, gli ingegneri, gli psicologi. Il punto è: siamo una componente produttiva essenziale, dicono gli aderenti, e non possiamo ora portare questo carico senza aiuto.

 

Due i problemi principali: il contributo a fondo perduto a favore degli autonomi (e la relativa esclusione dalla norma che lo disciplina) e l’impossibilità di potere beneficiare del bonus da seicento a mille euro previsto dal decreto “Rilancio” per aprile e maggio. Due anche i poli della protesta: da un lato il Comitato unitario delle professioni, che ha al suo vertice Marina Calderone, dall’altro la Rete delle professioni tecniche, coordinata da Armando Zambrano. La protesta sarà comune, il 4 giugno, e durante la giornata, affiancati da leader di partito che vorranno intervenire, i professionisti (al grido di: siamo più di due milioni di lavoratori) metteranno l’accento su quella che considerano una discriminazione nei loro confronti: quella che sentono gli infermieri, per esempio, che in molti casi hanno subìto danni in conseguenza della pandemia, e quella di tutti i professionisti che chiedono maggiori tutele, sia come titolari di attività economiche sia come detentori di competenze specifiche (nel caso dei consulenti). Sempre il 4 giugno verrà discusso il “Manifesto delle professioni per la ripartenza”. Un documento per punti per “ricordare al paese e al governo” il “ruolo sussidiario che già oggi esercitano le professioni e che ancora di più intendono valorizzare in un momento di incertezza come la cosiddetta fase 2”, dove molte attività non riescono ad aprire, anche potendo, perché il rispetto dei protocolli di sicurezza sul lavoro rende talmente difficile la gestione anche economica dell’attività che molti sono costretti a rinunciare.

 

C’è poi il problema dei prestiti: molti non riescono a ottenere dalle banche quelli garantiti dallo stato. E, fanno capire gli organizzatori, l’intento della giornata di mobilitazione è anche quello di illuminare i rischi per le professioni dell’area giuridico-economico e contabile-tecnica che “ogni giorno, con senso di responsabilità” sono “al fianco delle imprese per evitare che queste si rivolgano alla criminalità organizzata per avere risorse finanziarie”. E chissà se, in altri tempi, Marina Calderone, presidente del Comitato unitario delle professioni, avrebbe immaginato di dovere attraversare una crisi peggiore di quella d’inizio millennio, su cui aveva anche scritto un libro, per dare consigli ai giovani alle prese con la ricerca di un lavoro dopo gli anni economicamente drammatici del 2008-2011. In “Dieci idee per il lavoro dei nostri figli”, scritto nel 2012, affrontava infatti i ricaschi della “crisi economica mondiale” sul nostro paese: “E se è vero che la preoccupazione è generale”, scriveva Calderone, “c’è una categoria che rischia più delle altre: i giovani. Che sembrano non avere futuro”. E consigliava di guardare in faccia la realtà, di non averne paura. La stessa cosa a cui (non solo i giovani) sono tutti chiamati a fare oggi.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.