Matteo Orfini (LaPresse)

Orfini ci dice perché un Pd che insegue il grillismo alimenta la povertà

David Allegranti

Il deputato democratico: “Vivo in una realtà distopica. In Parlamento voto i provvedimenti, poi vado nelle zone più periferiche e quello che ho votato o non arriva o arriva poco e male”

Roma. “Vivo in una realtà distopica. In Parlamento voto i provvedimenti, poi vado nelle zone più periferiche e quello che ho votato o non arriva o arriva poco e male”. Matteo Orfini, deputato del Pd, il sabato fa volontariato all’associazione “21 luglio”, dove si preparano i pacchi alimentari a Tor Bella Monaca per i bambini poveri e per i campi rom. “Sono zone dove il lavoro spesso è nero. Per il resto bisogna arrangiarsi. Lì la gente va avanti come può. Se le levi tutto, la chiudi in casa due mesi, mentre fuori c’è lo spaccio e il comune non distribuisce i buoni spesa, il risultato è una miscela esplosiva”. Per fortuna, “a mantenere la pace sociale”, ci sono le Caritas, Sant’Egidio, le parrocchie, le associazioni di volontariato, dice Orfini.

 

“Ma non durerà a lungo. Lo stato lì non esiste. Andiamo avanti con reti associative. Quelle che assistono i tossicodipendenti, che pandemia o no continuano a drogarsi. Quelle che fanno da sportello virtuale per aiutare i disperati, girando le richieste di aiuto a comune e municipio o chiamando i bambini poveri per raccontargli le favole al telefono”. In queste realtà, la criminalità organizzata “non rischia di comprarsi solo le imprese ma anche di esercitare una perversa funzione di welfare. D’altronde hanno la liquidità e stanno sul territorio. Ci sono intere aree di Roma contese dalla criminalità, sono quelle che si vedono in ‘Gomorra’ e sono la realtà quotidiana. Ci sono le piazze dello spaccio, le vedette. Hanno continuato a operare durante l’emergenza sanitaria e rischiano di essere l’unica forma di sostegno che i disperati trovano. In queste aree c’è una condizione di disagio preesistente, alla quale s’è aggiunta la situazione di oggi”.

 

Ai vecchi poveri “si sono aggiunti i nuovi poveri. Le misure di sostegno non arrivano, nella fattispecie romana non funziona il meccanismo di distribuzione dei buoni spesa del comune, che non sono stati lavorati e distribuiti, se non in minima parte. C’è un ritardo oggettivo della macchina capitolina. A Ostia, il comune ha aperto un mercato sociale dove puoi fare spesa gratis se fai dei lavori socialmente utili per il comune. Quindi il diritto ad avere un pasto che non ti puoi permettere te lo devi guadagnare, ti viene concesso in cambio di una corvée. Una visione schiavista”.

 

Quindi, dice Orfini, “a un certo punto la gente s’arrabbia. Anzi, s’è già arrabbiata. A San Basilio ci sono state proteste di persone che invocavano la spesa proletaria. Per fortuna in questo caos qualcosa ha tenuto, grazie a una rete laica e cattolica di associazionismo che ha fatto un lavoro di supplenza delle istituzioni”. Per questo, dice Orfini, “dire che la pandemia è una livella sociale è sbagliato. Anzi è un moltiplicatore di diseguaglianze. Chi stava peggio starà sempre peggio”. L’ex presidente del Pd è colpito dalla “lentezza dei processi. Tra quello che noi votiamo e la concretizzazione dei provvedimenti, cioè soldi in tasca alle persone, non possono passare due mesi. Uno può dire tutto quello che vuole, l’Inps che non funziona, le banche che non fanno credito, la cassa integrazione che non arriva. L’effetto finale però è la fame. E per persone così, che vivono di lavoro nero o lavoro legale alla giornata, significa morire di fame. Basta andare in una qualsiasi parrocchia o associazione per vedere aumentare le richieste di pacchi alimentari”.

 

Questo succede in tutta Italia, certo, “ma a Roma c’è un comune che non funziona. Le risorse ci sono, ma Raggi non è in grado di usarle. In più il M5s ha un atteggiamento tipico di una certa destra, considera la povertà una colpa. Chi è in difficoltà va tollerato, ma in alcuni casi è anzi un colpevole. Si ricorda la foto del bambino che porta via i libri a Primavalle? Ecco, quelle famiglie, sgomberate da una vecchia scuola abbandonata e che non vivevano per scelta in una condizione di emergenza abitativa, sono ancora distribuiti nei dormitori dove le regole di distanziamento sociale si applicano a fatica”. Insomma, anche il distanziamento sociale imposto a tutti non vale per tutti. E’ un lusso da conquistare.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.