
Fare del Parlamento un bivacco di contagiati, parlano gli ex presidenti
"Le camere non chiusero neanche in tempo di guerra. Neanche con l’influenza asiatica”, dice Marcello Pera. E Fausto Bertinotti: “Sarebbe da dementi”
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Roma. “Neanche in tempo di guerra si chiude il Parlamento”, dice Marcello Pera. E Fausto Bertinotti: “La democrazia non è una variabile, non può essere sospesa dalla paura del contagio”. Ma l’Italia politica, e le sue istituzioni, sono alle prese con una questione gigantesca, che in queste ore viene soppesata alla Camera e al Senato. “Chiudere il Parlamento” è un’espressione di per sé spaventosa, evocativa d’un passato tragico, e che pure viene maneggiata ormai senza cautela. Verrebbe da dire senza mascherina. L’attività d’Aula a Montecitorio ieri è stata ridotta a un solo giorno alla settimana, il mercoledì. E le commissioni si riuniranno soltanto per i provvedimenti più urgenti. “La chiusura del Parlamento avanza come se fosse una cosa normale”, sbuffa l’ex presidente del Senato, Pera. E Bertinotti, ex presidente della Camera: “Lo trovo demenziale”.
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- Salvatore Merlo
Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.