Milano ricorda la strage: Mattarella al consiglio comunale speciale (foto LaPresse)

Piazza Fontana, Mattarella e lo stato

Redazione

“Il patto collettivo di cittadinanza permise di difendere la Repubblica”

Commemorando a Palazzo Marino le vittime della strage di Piazza Fontana di cinquant’anni fa, Sergio Mattarella ha pronunciato un discorso in cui ha voluto sottolineare, senza eccessi retorici ma con convinzione, la vittoria riportata dalla Repubblica e dalla società italiana nei confronti delle offensive terroristiche nere e rosse. Non ha trascurato o occultato la durezza dello scontro di quegli anni, ha denunciato la connivenza di settori dello stato “doppiamente colpevoli” nelle manovre di insabbiamento che hanno impedito di arrivare a una condanna dei colpevoli. Però ha voluto ricordare, citando Giorgio Napolitano, che sono stati individuati e sanzionati “centinaia di attori” delle trame terroristiche.

 

Il succo del discorso è appunto questo: la democrazia, la convivenza civile, la Repubblica hanno resistito e resisteranno, hanno saputo rispondere alla stagione delle stragi con un fecondo periodo di riforme, il che deve servire d’ammonimento ma anche d’orgogliosa consapevolezza pure oggi. Non ha accettato la sbrigativa tesi della “strage di stato” e le altre “versioni a uso settario, nel tentativo di convalidare, a posteriori, scelte di schieramento, opinioni di ieri”. Quel che conta, per il presidente, è che “il patto collettivo di cittadinanza permise di difendere la Repubblica”, e questo vale anche oggi e domani.

 

Chi ha vissuto quei momenti tragici ricorda che proprio questo fu il sentimento unitario, il clima che si respirava durante i funerali delle vittime, in una piazza del Duomo stracolma in cui tutte le tendenze democratiche si incontrarono e si riconobbero proprio in quel patto. In questo sentimento unitario, mezzo secolo dopo, Mattarella ha potuto rivolgersi insieme alle vedove di Giuseppe Pinelli e di Luigi Calabresi, presenti insieme alla celebrazione milanese che, anche per questo, ha assunto il significato di una riconciliazione nel comune dolore, in una Repubblica che, con tutti i suoi difetti, sa commemorare insieme l’anarchico e il commissario di Polizia, che in forme e funzioni diverse o persino opposte espressero il loro impegno democratico. Non è la logica facile del vogliamoci bene, è la difficile ricerca del rispetto anche nel più aspro conflitto, una lezione da non dimenticare.

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