Greta Thunberg a Londra (Foto LaPresse)

I conservatori inglesi non trovano un'alternativa al modello Greta

Gregorio Sorgi

La campagna dei Tory contro il cambiamento climatico è indistinguibile dal catastrofismo ambientalista (ed è un problema)

Roma. I conservatori britannici hanno accolto le istanze degli ambientalisti, tra i pochi argomenti in grado di unire brexiteers e remainers. I candidati alle primarie dei Tory hanno fatto a gara per intestarsi la campagna contro il cambiamento climatico, che negli ultimi mesi è diventata una battaglia identitaria per i giovani e non solo. Andrea Leadsom, una delle pretendenti alla guida del partito, ha dichiarato “un’emergenza climatica” in campagna elettorale e il suo rivale Rory Stewart è andato oltre, evocando un “cataclisma climatico”. Sajid Javid, ex ministro dell’Interno e oggi Cancelliere dello Scacchiere, ha promesso di “sfidare il climate change come ho combattuto il terrorismo”, e anche Johnson si è unito al coro, dichiarando la sua ammirazione per i pannelli solari e i parchi eolici delle strade di campagna (in passato aveva detto esattamente il contrario).

 

Theresa May ha formalizzato l’obiettivo di azzerare le emissioni nette di gas serra entro il 2050 poco prima di lasciare Downing Street, tra l’entusiasmo dei suoi compagni di partito. L’unico ad aver espresso qualche dubbio è stato l’ex ministro dell’Economia Philip Hammond, che ha scritto in una lettera vista dal Financial Times che la promessa del governo costerà mille miliardi di sterline nei prossimi trent’anni, una media di settanta miliardi all’anno. Non è la prima volta che i conservatori britannici cavalcano l’onda ambientalista per guadagnare consensi tra i giovani. Ci aveva già provato David Cameron che, dopo essere diventato leader dei Tory nel 2005, a soli 39 anni, aveva annunciato una svolta ecologista per rafforzare l’immagine di un partito moderno e aperto alle sfide del futuro. “Voglio essere ricordato come il primo ministro più verde della storia”, diceva Cameron nel 2010, e scattava foto con gli husky nell’Antartico per ribadire il concetto. Malgrado la propaganda, Cameron sosteneva un ambientalismo pragmatico – avrebbe etichettato le tasse energetiche come “una merda verde”, secondo alcuni retroscena – e lontano anni luce dalle soluzioni drastiche proposte da Greta Thunberg, il punto di riferimento degli ambientalisti di oggi. Negli ultimi anni il dibattito sul cambiamento climatico si è radicalizzato, e i dirigenti conservatori si sono adeguati alla corrente.

 

L’ex ministro dell’Ambiente Michael Gove ha incontrato lo scorso aprile gli attivisti di Extinction Rebellion, un gruppo di giovani ambientalisti radicali che hanno sabotato il sistema dei trasporti londinese per diffondere il proprio messaggio. Gove, che pure è un conservatore ultra liberista, ha elogiato il movimento (“siete motivati da grandi idee”) e non ha mai preso le distanze dalle loro previsioni catastrofiste. Il ministro e alcuni deputati del Conservative network environment, un agglomerato di 49 deputati molto attenti ai temi ambientali, hanno girato un video promozionale in cui assecondano la retorica di Greta. “La sfida per il climate change richiede molti cambiamenti”, scandiscono i deputati a turno: “Richiede di cambiare il modo in cui viene generata l’energia, e in cui vengono costruite le nostre case”. Nessuno offre delle spiegazioni su come verrà completata la transizione energetica, o sui costi che comporterà per le famiglie e per le imprese.

 

Il nuovo governo si annuncia più ambientalista rispetto a quello precedente. Johnson ha nominato Theresa Villiers, membra del Conservative network environment, come ministro dell’Ambiente e Zac Goldsmith, un deputato noto per le sue battaglie ecologiste, come sottosegretario. Johnson sul Daily Telegraph ha teorizzato un ambientalismo liberale incentrato sul ruolo delle imprese e non su quello dello stato, ma nei suoi primi interventi da premier ha lasciato intendere il contrario. In un discorso a Manchester ha promesso di spendere 3.6 miliardi per un grande piano di rilancio delle infrastrutture locali soprattutto nell’area dei Midlands, che nel 2016 ha votato per uscire dall’Ue. Tutto questo comporta un costo per l’ambiente, con buona pace dei suoi ministri.