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Il pasticciaccio del seggio non assegnato in Sicilia al M5s

Salvatore Curreri

Il Movimento non ha candidati che possano entrare al posto della senatrice Catalfo (eletta sia nel proporzionale che nell'uninominale). Che fare? La proposta della Giunta per le elezioni rischia di essere anticostituzionale

Gentile direttore,

la proposta della Giunta delle elezioni di attribuire il seggio non assegnato in Sicilia al M5s ad un candidato della stessa lista di altra regione (Umbria) costituisce una grave ed inedita violazione dell’articolo 57.1 della Costituzione secondo cui il Senato “è eletto a base regionale”.

Tale proposta intende risolvere la situazione di impasse verificatasi al Senato in Sicilia dove tutti i candidati del MoVimento 5 Stelle, sia nel proporzionale (8) che nei collegi uninominali (9), sono stati eletti. Poiché però una candidata del proporzionale (la senatrice Catalfo) è stata anche eletta nell’uninominale, l’ultimo seggio è rimasto vacante. In tale ipotesi, la legge elettorale prevede dei meccanismi di recupero, nel caso in specie però inapplicabili perché non vi sono in Sicilia candidati del M5s non eletti; inoltre esso non si è coalizzato con altre liste.

 

La soluzione proposta è però, come detto, palesemente incostituzionale perché la “base regionale” del Senato implica che i seggi assegnati ad una regione sulla base della sua popolazione siano ad essa interamente attribuiti, senza possibilità di slittamenti da una regione ad un’altra. Per questo motivo la legge elettorale del Senato esclude che per assegnare un seggio vacante si possa ricorrere ai candidati di altre regioni, come invece possibile per la Camera dei deputati perché eletto su base nazionale. Ed è sempre per questo motivo che non è stato mai possibile introdurre al Senato un premio di maggioranza nazionale, previsto invece alla Camera.

 

Invece, se la proposta della Giunta fosse approvata, frutto di un’acrobazia interpretativa che ho meglio confutato altrove (vedi il mio commento su lacostituzione.info), avremmo la paradossale conseguenza che la Sicilia avrebbe un senatore in meno e l’Umbria un senatore in più perché i siciliani con i loro voti avrebbero eletto un senatore umbro. Esattamente ciò che Costituzione e legge elettorale escludono.

Si potrebbe obiettare che alla fine, in nome della sovranità popolare, l’importante è che sia eletto comunque un candidato del M5s, anche di un’altra regione. Ma la sovranità popolare va sempre esercitata “nelle forme e nei limiti previsti in Costituzione” e quindi contemperata con gli altri principi costituzionali che vengono in evidenzia, e cioè sia con il principio di territorialità, per cui non possono essere con i voti dei siciliani essere eletti candidati di altre regioni, sia con quello attinente all’elezione su base regionale del Senato, in base al quale vi deve essere in ogni regione esatta corrispondenza tra seggi attribuiti e candidati eletti.

 

Invece il parere della Giunta omette di trattare di tale grave profilo d’incostituzionalità, quasi che la legge ordinaria potesse per superiori esigenze politiche prevalere sulla Costituzione. Anzi, sembrerebbe proprio che siano state le conclusioni cui il relatore voleva pervenire a legittimare gli argomenti giuridici invocati, e non viceversa.

Quale soluzione allora? Aggiudicare il seggio in Sicilia ad altra lista (Forza Italia) sembra soluzione che cade nell’eccesso opposto di far prevalere la rappresentanza territoriale sulla sovranità popolare. Allora, come accaduto nel 2001, forse sarebbe meglio lasciare il seggio vacante, quale risultato del reciproco annullamento dei principi della sovranità popolare e della rappresentanza territoriale.

Qualunque altra soluzione, tanto più quella proposta dalla Giunta, sarebbe frutto di eccesso di potere e potrebbe per questo motivo essere annullata dalla Corte costituzionale.

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