L'Europa ha cambiato il cambiamento

Redazione

La maratona brussellese ha piegato i sogni gialloverdi. Qui è tutta propaganda

Al ritorno dalla maratona di Bruxelles (risultati, buon viso a cattivo gioco sulle nomine franco-tedesche e blocco della procedura d’infrazione), Giuseppe Conte è stato accolto da molte reazioni e altre ne ha fornite; ma la più curiosa è di Luigi Di Maio: “Se qualcuno pensa di farci chinare la testa nominando Lagarde alla Bce prende un abbaglio. Noi andiamo avanti per la nostra strada”. Ora, è spericolato immaginare che Emmanuel Macron e Angela Merkel, al momento di trasferire la cosmopolitissima e navigatissima Christine dal Fondo monetario alla Banca centrale europea abbiano avuto per assillo di far piegare la testa ai grillozzi italiani. Ma, come per la spazzatura romana, si sa che i 5 Stelle si trastullano con megagalattici complotti che impediscono il loro bellissimo cambiamento, contro i quali si battono a mani nude.

 

 

Anche Matteo Salvini ha molto da trangugiare, ma almeno rumina in attesa di incamerare un commissario. Per bloccare la procedura per debito Conte non solo ha portato a Bruxelles una correzione di bilancio di 7,5 miliardi, ma soprattutto si è impegnato a rispettare per i prossimi anni il Fiscal compact. Il che impedisce di fare la flat tax in deficit (la Lega ripiega ora su un “l’importante è pagare meno tasse”), così come di insistere nello smantellamento della riforma Fornero. Al Capitano non resta che sfogarsi nei video contro la capitana Carola, buoni per i sondaggi di giornata. Ma ciò che è più vistosa è la metamorfosi del premier. Da avvocato del popolo si è reincarnato nel perfetto civilista qual era fino a giugno 2018: anzi, nel vicepresidente del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, l’equivalente del Csm per Consiglio di stato e Tar. Ha assistito alla partita delle nomine apprezzando sia Merkel sia Macron, appoggiando sia gli euroscettici di Visegrád sia gli europeisti franco-tedeschi, elogiando tanto Madame Lagarde quanto Lady Von der Leyen. Ha ragione quando dice che ha ottenuto il massimo alle condizioni (minime) date: in questo massimo c’è che l’Italia resti nel board della Bce e che le imminenti revisioni di rating non siano quelle temute. Un doroteo, si sarebbe detto, e oggi non è un demerito.

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