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Smettiamola col fascismo. Cinque ragioni per spiegare il successo di Salvini

Claudio Cerasa

Il leader della Lega s’impone per le scelte su immigrazione e sicurezza, per la percezione della novità politica e del partito (falsamente) vicino ai deboli e perché è visto come alternativa al governo a trazione grillina. Il trucismo: bignami per l’opposizione

Nei salotti della politica italiana, la domanda più gettonata in queste ore è legata al futuro del governo, al destino della legislatura, ai rapporti tra Di Maio e Salvini, alla durata del contratto, ed è sintetizzabile grosso modo così, con quattro parole semplici: ok, ma quanto dura?

 

La domanda è legittima, e noi stessi ce la poniamo più o meno ogni giorno, ma per provare a rispondere a questa domanda è necessario fare uno sforzo di riflessione ulteriore, concentrando la nostra attenzione non sulla chimica che esiste tra Di Maio e Salvini ma unicamente sul profilo dell’uomo forte del governo, ovvero il leader della Lega. Il futuro della legislatura è legato alle decisioni che prenderà Salvini dopo le europee (a meno che il gioco tra i due vicepremier non sfugga di mano prima) e le decisioni che prenderà Salvini saranno legate al consenso che otterrà la Lega alle europee. Più sarà alto il consenso della Lega, più sarà basso il consenso del M5s, più sarà basso il consenso di Forza Italia, più sarà alto il consenso di Fratelli d’Italia e più saranno alte le possibilità che Salvini decida di far saltare questo governo per andare a votare in autunno prima della prossima manovra. Gli ultimi sondaggi (quello che vi citiamo ora è una rilevazione Emg del 18 aprile) indicano effettivamente un equilibrio politico rivoluzionato rispetto a un anno fa, con la Lega che sarebbe passata nel giro di pochi mesi dal 17,4 per cento al 32,1 per cento, con il M5s che sarebbe passato dal 32,7 per cento al 22,6 per cento, con il Partito democratico che sarebbe passato dal 18,7 per cento al 21,8 per cento, con Forza Italia che sarebbe passata dal 14 per cento al 9,5 per cento, con Fratelli d’Italia che sarebbe passato dal 4,3 per cento al 4,9 per cento.

 

Di fronte a questi dati, gli osservatori pigri tendono a notare che in fondo la maggioranza di governo gode di un consenso simile a quello che aveva un anno fa: il 4 marzo la somma tra il M5s e la Lega era pari al 50,1 per cento e oggi la somma tra il M5s e la Lega sarebbe addirittura superiore di cinque punti (55,3). In realtà, come è evidente, il grande tema di questa fase della nostra vita politica non è soltanto il travaso di voti dal M5s alla Lega ma è il fatto che Matteo Salvini, a torto o a ragione, sia visto oggi contemporaneamente come il leader forte di un governo fallimentare e come la sua alternativa naturale. E la circostanza che il consenso della Lega cresca mentre quello del M5s decresca è in qualche modo un indizio ulteriore di un fatto che giorno dopo giorno sembra difficile da negare: gli italiani, da mesi, tentano in tutti i modi di far capire che sono alla ricerca di un’alternativa al populismo a trazione grillina. Per questo motivo, più che chiedersi quando questo governo cesserà di esistere, ciò che vale la pena affrontare riguarda un’altra domanda, se possibile persino più interessante rispetto a quella relativa alla durata del governo. E la domanda, questa volta, potrebbe essere sintetizzata solo con una parola: perché? Il perché, naturalmente, riguarda il motivo per cui il consenso di Salvini cresca nonostante i risultati del governo tardino ad arrivare, a voler usare un eufemismo. E per provare a rispondere a questa domanda, perché Salvini piace?, perché Salvini cresce?, perché la Lega spopola?, occorre concentrarci su almeno cinque spunti di riflessione.

 

Il primo punto riguarda il tema forte del Capitano, che è ovviamente l’immigrazione. Sull’immigrazione, Salvini non ha ottenuto un risultato concreto (niente redistribuzione dei migranti in Europa, Libia lasciata al proprio destino, missioni navali europee in ritirata dal Mediterraneo e una situazione sui rimpatri degli immigrati irregolari che secondo il M5s “è ferma al palo” perché “non è stato fatto ancora nulla”), in alcuni casi si è limitato a fare quello che il Pd non ha mai avuto il coraggio di fare in questi anni (gli sbarchi sono diminuiti non per merito di Salvini ma per merito di una geometria architettata da chi come Minniti aveva posto prima di Salvini le basi per governare l’immigrazione dall’Africa) ma ha certamente catturato l’attenzione degli elettori desiderosi di maggiore protezione, mettendo in campo una politica muscolare sul tema della chiusura dei porti; e per quanto possa essere crudele e detestabile, il messaggio è passato: sono disposto a sfidare la legge pur di proteggere i confini dell’Italia. Protezione, protezione, protezione.

 

Il secondo punto, il secondo punto di forza, il secondo punto su cui Salvini ha costruito una buona base del suo consenso, riguarda un tema affine a quello dell’immigrazione: la sicurezza. La riforma sulla legittima difesa ha molti difetti, e probabilmente è anche a rischio incostituzionalità, ma dal punto di vista trucesco ha il pregio di aver rafforzato l’impressione che il ministro dell’Interno consideri una priorità assoluta dimostrare all’elettore che oggi, grazie alla Lega, il cittadino sarà più protetto dai banditi. Vero o falso che sia, il messaggio è passato, e un paese drogato dalla percezione dell’insicurezza non poteva far altro che trasformare in un eroe chiunque fosse nelle condizioni di mettere l’agenda del percepito su un piedistallo più importante rispetto all’agenda del reale. Protezione, protezione, protezione.

 

Il terzo punto di forza del salvinismo, che gli ha permesso di arrivare a conquistare territori un tempo di dominio del centrosinistra, è quello di essere riuscito a far percepire la Lega come il partito più vicino alle istanze dei deboli. Anche qui si tratta di una truffa straordinaria (il populismo, essendo nemico del lavoro, della crescita, dello sviluppo, è destinato a far sempre più male al popolo), ma il vero capolavoro di Salvini è quello di essere riuscito a parlare in modo diretto “to the many not to the few” facendo una cosa molto semplice: cavalcando e alimentando le paure legate ai temi della sicurezza (immigrazione e legittima difesa), facendo propria l’agenda politica squadernata negli ultimi anni dal sindacato (no Fornero, no Jobs Act) e creando un canale di comunicazione diretta con gli elettori grillini (un terzo dei quali secondo molti sondaggisti negli ultimi mesi è passato velocemente dal M5s alla Lega) non osteggiando le riforme architettate dalla Casalino Associati per “eliminare la povertà” (Luigi Di Maio lo ha detto davvero).

 

Il quarto punto di forza del salvinismo è quello di essere riuscito, risucchiando energie al Movimento 5 stelle, ad apparire come la novità della politica, pur essendo in politica da più di vent’anni e pur essendo oggi la Lega il partito più antico d’Italia, intercettando un pezzo importante di quell’elettorato di centrodestra che da anni invoca un ricambio generazionale nella galassia berlusconiana (e se nel centrodestra nascesse una destra non vassalla di Salvini, per Salvini sarebbero guai).

 

Il quinto punto di forza del salvinismo che merita di essere messo a fuoco riguarda un combinato disposto tra alcuni elementi decisivi nella costruzione della leadership salviniana. Salvini è diventato l’unica alternativa al suo governo non solo perché per un anno l’Italia è stata senza alternative (Forza Italia non è un’alternativa a questo governo, essendo complementare alla Lega, il Pd per un anno è stato senza un segretario eletto e il nuovo segretario tende a far notizia più per quello che fa che per quello che dice) ma anche perché di fronte al fallimento del grillismo c’è un pezzo importante d’Italia (compreso quel pezzo di Italia produttiva che in teoria dovrebbe essere schifata da entrambi gli azionisti del cambiamento populista) che pur non essendo leghista oggi osserva Salvini con curiosità sulla base di un ragionamento piuttosto elementare: qual è l’unico partito che in prospettiva può permettere all’Italia di non avere più un governo a trazione grillina?

 

Può piacere oppure no, ma per capire le ragioni del successo di Salvini non è sufficiente concentrarsi sulle tracce di fascismo che pure sono presenti nel lessico e nella grammatica del Truce di governo. Serve qualcosa di più. Serve capire cosa manca all’opposizione per essere considerata un’alternativa. Serve capire se sia sufficiente questa opposizione per avere una buona alternativa. Serve capire cosa fare per poter intercettare tutti gli elettori che osservano Salvini con simpatia pur non essendo leghisti. E serve capire che il tempo a disposizione è poco. Quando un leader fa il pieno alle elezioni, le aspettative per quel leader aumentano. E quando le aspettative aumentano e i risultati non arrivano e l’economia peggiora si può essere forti quanto si vuole ma alla fine senza capitalizzare il proprio consenso si rischia di fare la figura di chi ha vinto la lotteria ma non trova più il tagliando per ritirare la vincita.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.