Se non si può scrivere “la Lega è di estrema destra”, è perché è di estrema destra

Guido Vitiello

Il brutto caso di un libro che Salvini non avrebbe autorizzato

Posso pure dipingermi la faccia rosso fuoco, appuntarmi due vistose corna sulla testa e una coda forcuta sul coccige, farmi crescere una barba caprina, indossare eleganti calzature anch’esse caprine a zoccolo fesso, ma ci sarà sempre qualcuno più fesso del mio zoccolo pronto a dire che non è il caso di demonizzarmi, che quei tre 6 sulla fronte sono uno scanzonato sberleffo postmoderno, che quegli occhi iniettati di sangue saranno un’allergia, e soprattutto che l’antisatanismo viscerale è controproducente, perché se lo demonizzi poi quello, Satana, vince per un millennio almeno.

   

Oppure – è lo stesso – posso parlare e comiziare come un partito di estrema destra, civettare con i balordi dell’estrema destra locale, allearmi pubblicamente con i balordi dell’estrema destra internazionale, promuovere una cultura politica di estrema destra, ispirarmi a dottrine economiche di estrema destra, vagheggiare assetti istituzionali di estrema destra, trattare i diritti civili come li tratta l’estrema destra, costringere la povera Meloni ad andar fuori di melone pur di trovare ogni giorno un modo per scavalcarmi ancora più a destra fino all’ultima Thule dell’estrema destra, e poi cadere dalle nuvole se trovo un libro che esordisce con questa frase: “La Lega (Nord) è un partito di estrema destra”. La cosa non mi va giù, e allora che faccio? Presento una bella interrogazione alla giunta regionale dell’Emilia-Romagna per chiedere se sia il caso che il volume (“La Lega di Salvini. Estrema destra di governo” di Gianluca Passarelli e Dario Tuorto, pubblicato dal Mulino) venga fatto studiare all’Università, già che i professori sono dipendenti pubblici e in quanto tali “sono tenuti a un dovere di lealtà verso lo Stato”; il quale Stato, se ne deduce, coincide con il governo, che coincide a sua volta con il partito, che coincide con la volontà del capo del partito che è necessariamente anche capo del governo e capo dello Stato. Rivendicazione che sprizza estrema destra da tutti i pori usata per respingere, come fosse cosa calunniosa, l’accusa di appartenere all’estrema destra. Un anello di Moebius del genere neppure Escher avrebbe saputo disegnarlo.

  

Il libro di Passarelli e Tuorto ha una premessa utile a decifrare il paradosso del tizio che non riesce a farsi demonizzare neppure se dà un sabba nel salotto di casa per l’ora dell’aperitivo invitando tutta la stampa nazionale. S’intitola “Autocensure e incomprensioni sulla Lega Nord”. Ma io, pur praticando la virtù teologale della carità interpretativa fino alle soglie della santità, a questa storia delle incomprensioni credo sempre meno. La propaganda grillina, quella sì, le ha coltivate ad arte, presentando il M5s come una macchia di Rorschach in cui ciascuno vedeva quel che più gli piaceva, e ha potuto contare sulla pigrizia e sulla dabbenaggine di larghissima parte del ceto politico e giornalistico, che pur avendo tutti gli strumenti per capire la natura della bestia – i più recenti, freschi di stampa, sono “L’esecuzione” di Jacopo Iacoboni” e “Il sistema Casaleggio” di Nicola Biondo e Marco Canestrari – continua a raccontare e a raccontarsi favole. Se nella macchia d’inchiostro di Di Maio un notista del Corriere vede il nuovo Andreotti, un corsivista del Fatto il nuovo Di Pietro e un presidente di Confindustria “uno di noi”, è segno che il test psichiatrico funziona. Ma la Lega no. La Lega del nuovo corso ha sempre sbandierato la sua radice ideologica e la sua collocazione nazionale e internazionale. Cos’altro devono fare per far scattare l’allarme antincendio? Le incomprensioni sono impossibili. Sono possibili, quelle sì, le autocensure.