Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, alla cerimonia dei 150 anno dell'ospedale Bambino Gesù (Foto LaPresse)

Sofia Ventura ci spiega perché con Zingaretti viene meno la leadership eroica

David Allegranti

“Il mito del leader sta mostrando la corda, l’abbiamo visto con Renzi e Cameron. Il nuovo Pd potrebbe essere un esperimento, a patto che rinnovi la classe dirigente”. Parla l'esperta di comunicazione politica

Roma. “Il leader eroe o comunque che si mette in scena, anche in maniera ossessiva, con gli strumenti del marketing, della comunicazione e della narrazione comincia a mostrare dei limiti in tutto l’occidente. Fatto salvo per i populisti, che inviano messaggi forti e spregiudicati”, dice al Foglio la politologa Sofia Ventura, che ha appena pubblicato “I leader e le loro storie” (Il Mulino). Sottotitolo: “Narrazione, comunicazione politica e crisi della democrazia”. “Macron in questo momento deve paradossalmente ringraziare i gilet gialli, anche se ne avrebbe fatto volentieri a meno. Se la sua popolarità ha avuto una ripresa in queste 18 settimane lo deve anche alle devastazioni di Parigi; Macron sta cercando di comportarsi come fanno i presidenti francesi in queste occasioni, con moderazione ma anche con fermezza e usando anche parole forti. Era già successo a Hollande, che ha avuto il suo picco di popolarità dopo gli attentati terroristici”.

 

Insomma, dice Ventura, questo modello del leader eroe “sta mostrando la corda. L’abbiamo visto con Matteo Renzi ma anche con il disastro di David Cameron”. E dunque, quello che sta succedendo nel Pd, con l’elezione di Nicola Zingaretti, è “il tentativo di costruire una nuova leadership in un partito diverso. Però va detto che non basta evitare gli effetti speciali per funzionare. Nel libro propongo come modello possibile quello di Angela Merkel. Una che usa moderatamente il marketing e la comunicazione e molto poco lo storytelling. Si muove dentro un orizzonte di convinzioni e valori, anche impegnativi. Pensiamo alla vicenda dell’accoglienza ai migranti. È stata capace, sia nel partito sia al governo, di trovare compromessi utili e di rimandare decisioni quando non era il momento. Insomma, unisce il pragmatismo a un lavoro costante di preparazione e di riflessione, con una squadra di collaboratori di altissimo livello”.

 

Può essere un modello utile in questa fase “in cui le opinioni pubbliche non hanno più voglia di storie ottimiste e illusorie, come quelle che si è cominciato a raccontare ad esempio da Bill Clinton”. Da questo punto di vista dunque “il Pd potrebbe essere un esperimento. Ma deve essere consapevole che per costruire una leadership serve un lavoro immenso e, se da un lato servono capacità comunicative, dall’altro non è necessario abbandonarsi a leader narcisisti”. Un leader casomai deve essere bravo – altrimenti non è un leader – “a indicare una strada. E Zingaretti anzitutto dovrà riprendere in mano l’agenda politica, servirà molto tempo visto che ora è in mano alla maggioranza e nello specifico a Salvini. Dovrà capire come rovesciare i punti di vista. Il punto debole di questo governo è l’economia, mentre stanno emergendo in altri campi posizioni oscurantiste. Su tutti questi temi, il Pd di Zingaretti dovrebbe essere implacabile”.

 

C’è però una questione, osserva Ventura: implacabile in che modo? Secondo quale visione? “Al Pd oggi manca un’identità. Per essere implacabile deve prima capire qual è la sua visione di società e di sviluppo economico. È giusto cercare di essere un partito che tenga dentro tutti, ho visto che nella direzione del Pd c’è anche Marco Furfaro, che viene dalla sinistra. Va benissimo se vuoi essere un grande partito di centrosinistra o di sinistra, poi però ci sono una maggioranza e una minoranza. Il che non vuol dire che la prima comanda e la seconda sta zitta. Significa che a un certo punto, dopo il confronto, serve una linea chiara. Io per esempio non ho capito perché Zingaretti nel suo discorso di domenica citi Moro e Gramsci. Io andrei oltre, ecco, anche se questo non significa sfociare nel nullismo renziano, quello della Terza Via all’acqua di rose vent’anni dopo in un mondo completamente cambiato”.

 

Insomma, ha senso per Ventura che Zingaretti trovi il modo di dare una definizione diversa dalle precedenti alla sua leadership. “E’ giusto che il Pd voglia farsi carico di ascoltare quel pezzo d’Italia che prima non ascoltava. Poi però deve capire quali sono le compatibilità, come conciliare sviluppo economico, leggi del mercato con la redistribuzione, che è un tema di sinistra. Forse la risposta è in una rinnovata idea di socialdemocrazia”. Sono molti i temi su cui la leadership di Zingaretti si può esercitare, compreso quello dell’immigrazione “che andrebbe ribaltato sottolineando le balle che racconta il governo. Non inseguendo Salvini ma rovesciando il discorso, proponendo un modello di integrazione reale, per cui non possiamo accettare tutti ma quelli che vengono accettati non possono essere dimenticati”.

 

C’è poi un’altra questione che attende il Pd di Zingaretti. “Un leader capace è quello che trova una nuova classe dirigente, non le solite facce; magari di giovani ma vecchi dentro. Rinnovare vuol dire favorire un gruppo dirigente davvero nuovo, nazionale e locale. Cosa che Renzi ha fatto solo in parte, e con criteri discutibili, e non ha fatto Bersani. Inutile attirare persone che ci credono se poi le lasci ai margini. E servirebbe anche un messaggio di rottura rispetto ai rapporti del partito con certi mondi, municipalizzate, enti. Attirare persone nuove e rompere certi legami, anche se questo avrà un costo enorme”. Per farlo, però, non serve una leadership eroica?

Di più su questi argomenti:
  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.