Il Subcomandante Marcos

Ho le prove: quando Benetton voleva sfruttare Dibba-Marcos per la pubblicità

Guido Vitiello

Un romanzo, una storia quasi vera e le balle dei complottisti

Lui sa, ma non ha le prove. Di Battista sa che dietro il massacro mediatico di Danilo, nome in codice da guerrigliero di Toninelli, c’è la mano dei Benetton – lo ha insinuato l’altra sera, pasolineggiando, da Fazio. Del resto, è opinione comune tra giacobini, inquisitori e incroci vari tra le due razze che le prove siano sopravvalutate (“Per credere a un complotto voi avete bisogno di prove giuridiche; a me basta l’andamento della situazione generale, le relazioni dei nemici della libertà, gli andirivieni di certi agenti del potere”, aveva detto Marat). Di Battista sa. Forse suo cugino ha le prove. Io invece non so. Magari so abbastanza per sapere che lui non sa e neppure suo cugino, in un intreccio gnoseologico che più che a Pasolini fa pensare a un vecchio film con Alberto Sordi e Monica Vitti. Ma resta il fatto che non so; e tuttavia, se dovessi anch’io far finta di sapere, inclinerei a sospettare che la mano dei Benetton o di altri Savi di Sion della finanza cosmopolita c’è, occulta e potentissima, proprio dietro l’ascesa di Di Battista. Seguitemi: sono un cazzaro di talento.

 

Nel 1996 l’editore messicano Oceano pubblica un piccolo romanzo fantapolitico, quasi un pamphlet umoristico in forma narrativa, scritto due anni prima dal giornalista e storico Edgardo Bermejo Mora. Si intitola “Marcos’ Fashion. O de cómo sobrevivir al derrumbe de las ideologías sin perder el estilo”. L’idea è arguta: i pubblicitari della Benetton tentano di convincere il Subcomandante Marcos a usare la sua immagine per la prossima campagna promozionale. In cambio, promettono al guerrigliero indumenti per gli indigeni nei gelidi inverni della Selva Lacandona, viveri, denari e soprattutto un grandioso lancio pubblicitario per la causa zapatista. Chi c’era dietro Bermejo Mora? I pasolini in sombrero, tra un pisolino e l’altro, avranno elaborato le loro congetture. Fatto sta che quel bizzarro romanzo per poco non si avverò. Nell’estate del 1995, Oliviero Toscani scrisse effettivamente una lettera al “muy respetable comandante”. Gli proponeva di posare con i suoi indigeni per la campagna pubblicitaria del 1996 (lo raccontano Bertrand de la Grange e Maite Rico in “Marcos, la genial impostura”, un libro imprescindibile per capire le versioni discount come Di Battista). “Ci rivolgiamo a lei perché sentiamo che lei sa che la comunicazione può essere una forma di lotta (…) Ci piacerebbe darle l’opportunità di mostrare la bellezza dei volti di quelli che combattono in nome di un’idea”. A rigore, c’era poco da mostrare i volti di gente in passamontagna, a meno che non si volesse promuovere una linea di passamontagna Benetton. Ma comunque non se ne fece nulla, perché Marcos non si dette neppure la pena di rispondere alla lettera. Il Manchurian candidate benettoniano non vide mai la luce.

 

In compenso, l’impresa è riuscita meglio con il Subcomandante Cuore di Panna. Tornato dal Sudamerica, il nostro conosce Gianroberto Casaleggio, e lo convince a pubblicare un suo reportage, “Sicari a cinque euro”. Casaleggio, il cui cinismo è pari solo alla sua fortuna tricologica, ha capito bene che per “sopravvivere al crollo delle ideologie senza perdere lo stile”, per dirla con il sottotitolo di Bermejo Mora, bisogna inventarsi un guerrigliero simulacro, un’icona rivoluzionaria senza rivoluzione, una foto di Korda senza il Che dietro. L’operazione ha successo e Dibba diventa un asset della ditta di famiglia, da amministrare con oculatezza, se è il caso spostandolo offshore. Ma Casaleggio muore a metà dell’impresa e il suo figlio segreto, Rocco Casalino (lo so, ma non ho le prove) la riprende da dove il suo Dart Fener zazzeruto l’aveva interrotta. Per far sembrare quasi vero e quasi vivo il giovane baccellone lo rispediscono in Guatemala, prossima tappa l’India, perché va bene Che Guevara, ma anche le bionde trecce strimpellata sul sitar aggiunge un tocco genuino (per un selfie con il maharishi, invece, è troppo tardi: sarà per una prossima incarnazione).

 

Finito l’angolo del cazzaro. Ma le vite parallele del Subcomandante Marcos e del Subcomandante Cuore di Panna dovrebbero portarci a riflettere su un’epoca in cui le aziende di comunicazione giocano a creare icone guerrigliere, e viceversa. Cose di cui non sappiamo abbastanza, pur avendo abbastanza prove per sapere. Pensaci, giacobino.

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