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Così in Europa Lega e M5s giocano sulla corruzione e il nostro stato di diritto

La relazione approvata a Strasburgo: taglio dei fondi ai paesi che trasgrediscono. Contrari gli eurodeputati polacchi, slovacchi, cechi, romeni e ungheresi. Più grillini e leghisti

Cinque stelle contro dodici stelle: i cittadini spendono troppo e i grillini sono decisi a imporre un cambiamento anche in Europa. Almeno a parole. Perché da una parte la delegazione pentastellata a Bruxelles e Strasburgo propaganda lo stop al finanziamento pubblico dei partiti e delle fondazioni europee e il taglio degli “stipendi d’oro” dei commissari Ue.

 

Dall'altra gli alleati di governo leghisti votano no e i Cinque stelle si astengono nel voto al provvedimento approvato oggi dalla plenaria del Parlamento di Strasburgo che prevede di tagliare o ridurre i fondi ai paesi Ue che non rispettano lo stato di diritto o le norme sulla corruzione. Secondo quanto emerge dai tabulati del voto, popolari, socialisti e liberali dell'Alde, hanno votato in blocco a favore del testo, mentre gli europarlamentari leghisti hanno detto “no” e i pentastellati Adinolfi, Agea, Beghin, Castaldo, Corrao, D'Amato, Evi, Ferrara e Pedicini si sono astenuti.

  

 

 

Il M5s, insomma, vuole impostare la campagna elettorale per le Europee sulla lotta a sprechi e privilegi nell'Ue: tagliare gli stipendi a Juncker e ai commissari. Ma si astiene su un provvedimento che incardina uno delle parole chiave della sua narrativa: lo stop alla corruzione. L’aula di Strasburgo ha infatti approvato un progetto di legge che prevede la sospensione o addirittura il taglio dei fondi europei per i governi che non rispettano lo stato di diritto e non combattono frode e corruzione. 

  

La relazione approvata oggi dall'assemblea con 397 voti favorevoli, 158 contrari e 69 astensioni stabilisce che i governi che interferiscono con le attività dei tribunali o non contrastano a sufficienza frode e corruzione rischiano la sospensione dei fondi europei. Oltre al no dei leghisti e all'astensione del M5s si registra il voto contrario del gruppo Ecr dei conservatori riformisti, di cui fa parte il partito polacco nazionalista di destra Diritto e Giustizia: nei confronti di Varsavia la Commissione ha avviato la procedura ex articolo 7 del trattato sulla violazione dello stato di diritto. Un “no” trasversale, oltre che dai polacchi, è arrivato da gran parte degli eurodeputati slovacchi, cechi, romeni e ungheresi, tutti paesi nel mirino della Ue per questioni legate al mancato rispetto dello stato di diritto o sotto pressione da parte di Bruxelles che chiede di fare di più sul fronte della lotta alla corruzione.

  

Il testo approvato da Strasburgo prevede che la Commissione verifichi se lo stato di diritto è minacciato: questo può accadere ad esempio in caso di malfunzionamento delle autorità dello stato membro che deve eseguire il bilancio dell'Unione, oppure se manca una corretta operatività delle autorità preposte al controllo finanziario, adeguate indagini nella repressione delle frodi – incluse le frodi fiscali – corruzione o altre violazioni che riguardano l'esecuzione del bilancio dell'Unione o il controllo da parte di organi giurisdizionali indipendenti.

  

Insomma, il testo non avrà vita facile: prima di essere adottato nella sua formulazione definitiva dovrà iniziare infatti il negoziato tra Parlamento e Consiglio, ovvero con gli stati membri. E il Consiglio appunto non ha ancora adottato la propria posizione. La mappa del voto di oggi fa capire che i paesi contrari, cui potrebbe aggiungersi anche l'Italia a giudicare dal voto dei due partiti della maggioranza, potrebbero bloccare tutto.

      

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