Una manifestazione di Casapound a Casal Bruciato contro gli insediamenti rom (foto LaPresse)

Se l'Europa dei popoli dissotterra l'ascia della sua storia peggiore

Giuliano Ferrara

Distinguere tra Pound e CasaPound? Trattenere la poesia e lasciar cadere la politica? Affinità e contiguità vanno scovate ovunque. E le asce non si combattono con gli esorcismi benpensanti

Giù le mani dai poeti, scrive Claudio Magris nel Corriere di sabato scorso. Che cosa c’entra Ezra Pound, inteso come poeta, come profeta solitario e disarmato, come novatore linguistico eccelso, con il fascismo anticapitalistico, con l’antisemitismo e la denuncia dell’usura bancaria e commerciale? Quelli di CasaPound mistificano e smanacciano ignobilmente sui Cantos: appropriazione indebita. Vederli sfilare a Trieste procura dolore allo scrittore della Mitteleuropa. Capisco, ma mi è difficile adeguarmi. Pound era un poeta fascista e un fascista poeta. Non capisco che cosa ci sia di strano. Heidegger era un filosofo integralmente nazista, con mille complicazioni greche, non capisco che cosa ci sia di bizzarro. Céline fu un grande letterato e romanziere della barbarie, opaco specchio del ferrigno Novecento, non afferro dove stia il problema. E poeti, musicisti, pittori, architetti scultori del secolo scorso hanno attraversato il totalitarismo staliniano e comunista come un sogno tuttora duro a morire nel risveglio.

 

Quelli di CasaPound mi sembrano dei dementi, ma la radice a cui si appigliano ha dell’autentico. E’ indizio di moralismo floscio trattenere la poesia, la filosofia, la letteratura e lasciar cadere la politica. Rinascesse Flaubert, metterebbe nei precetti del suo dizionario dei luoghi comuni: ricordarsi ogni volta di distinguere Pound e CasaPound. Le affinità e le contiguità vanno invece scovate dovunque, c’è perfino una relazione critica possibile tra il pascoliano “gre gre di ranelle” e la Grande Proletaria in movimento, il fanciullino può ben improvvisarsi nazionalista e civilizzatore, niente di così strano. La politica è la vita, comprende la violenza, lo smarrimento, il male radicale, la disperazione, la prepotenza, la volontà irrazionale, l’istinto, l’odio, e tutto in una marea di mediocrità, quando necessario. L’intendenza letteraria seguirà, come è sempre successo. L’arte moderna non ha eticità, come diceva Fortini “la poesia non è democratica”, la critica deve mettersi al di là del bene e del male.

 

Al di qua sta invece il realistico impegno a evitare eccessi identitari e retoriche balorde, spesso criminogene. La politica prevede un solo crimine che li comprende tutti, la Ragion di stato, la verità effettuale della cosa. Talleyrand, questo “bruto incipriato” passato dalla Rivoluzione al Direttorio a Napoleone alla Restaurazione alla Monarchia di luglio senza battere ciglio, sempre felicemente zoppicando, considerava la nostalgia del Regno di Chateaubriand, che aveva compiuto gli stessi passaggi ma dall’alto di una sublime consapevolezza letteraria, come un orpello inessenziale. Non è così. Alla fine la letteratura si vendica, come avviene di questi tempi, e risquaderna uno spettro di emozioni e di sentimenti che nutre una cattiva politica. C’è un tempo per l’Agenda Giavazzi e un tempo per CasaPound, un tempo per la pace e un tempo per la guerra. Ho il sospetto che nell’ostilità per il denaro e per le banche e per Soros l’Europa dei popoli (Oddiomio) stia dissotterrando l’ascia della sua storia peggiore. E le asce non si combattono con gli esorcismi benpensanti.

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.