Per Fraccaro “la democrazia diretta porterà l'Italia tra i paesi più avanzati”
Il ministro della Democrazia diretta replica ai dubbi del Foglio sull’abuso dello strumento referendario
Al direttore - Vorrei replicare alle dichiarazioni rese al suo giornale dal professor Sabino Cassese approfittandone per illustrare anche, in modo più compiuto, gli intenti del governo in materia di democrazia diretta e partecipativa. Spero così di poter informare in modo puntuale i cittadini rispetto al nostro programma e di placare, almeno in parte, l’inquietudine del Foglio sul tema e in generale sul governo del cambiamento.
Cassese prende le mosse dalla presunta logica binaria alla base dello strumento referendario, ma va sottolineato che il voto rappresenta solo la fase finale di un processo: il Sì o il No sono i possibili esiti di un dibattito complesso e articolato che, in ogni democrazia che si rispetti, si sviluppa intorno ai quesiti oggetto di votazione. Anche sul piano delle conseguenze di questo ipotetico binarismo, ovvero il rischio plebiscitario o strumentale delle votazioni popolari, bisogna considerare le corpose campagne referendarie previste dalla democrazia diretta che prevedono anche l’adozione di un libretto informativo.
Alla base del ragionamento critico sembra di rilevare una sfiducia malriposta nel corpo elettorale. Il referendum nasce sempre dall’individuazione di un problema politico normativo a cui la rappresentanza parlamentare non riesce a dare una risposta (ad esempio il divorzio, l’aborto etc.) e passa attraverso l’organizzazione del comitato promotore, la presentazione di una proposta organica e compatibile con lo stato di diritto, la raccolta delle firme, l’elaborazione di un parere negativo o positivo ovvero di una controproposta da parte delle autorità e infine lo svolgimento della campagna referendaria. Il voto è solo la conclusione di un percorso molto articolato.
Anziché produrre conflittualità e irresponsabilità i referendum consentono una responsabilizzazione dei soggetti politici e istituzionali e un accrescimento del capitale sociale, poiché i cittadini vengono coinvolti nel dibattito pubblico che precede il voto diventando protagonisti delle scelte che riguardano il proprio futuro. Quanto ai comportamenti individualistici e utilitaristici individuati da Cassese, il referendum è al contrario uno strumento di educazione alla cittadinanza globale: l’indirizzo politico espresso dai cittadini nei referendum contro il nucleare o per il verde pubblico sono da classificarsi nella casistica del Nimby oppure in una maggiore attenzione per evitare la proliferazione atomica e il surriscaldamento globale?
Cassese cita il caso della California come rischio di manipolazione dei quesiti da parte delle lobby, ma è proprio qui che gli istituti di democrazia diretta hanno dato i migliori frutti: basti pensare che sono stati introdotti per limitare il potere economico dell’industria del trasporto ferroviario (Union Pacific Rail Road) e per arginare la corruzione dilagante. I risultati parrebbero interessanti visto che la California, a un secolo di distanza, è una delle economie più avanzate del pianeta che attualmente occupa la quinta posizione nel ranking mondiale, davanti all’Inghilterra e naturalmente all’Italia.
La democrazia diretta ha l’utilità di sviluppare il dibattito pubblico e la discussione su temi che altrimenti sarebbero lasciati in disparte. Anche in Parlamento si decide con il Sì o il No ma naturalmente questo è solo lo step finale: ugualmente, il referendum presuppone un dibattito, un confronto, una comunicazione necessariamente pluridirezionale tra i soggetti coinvolti e a vario titolo favorevoli o contrari ciascuno con le proprie argomentazioni.
Al professor Cassese non deve sfuggire che referendum, nel suo etimo, si riallaccia all’espressione convocatio ad referendum e significa “convocati per riferire”: i cittadini sono chiamati a esporre, con il Sì o il No, i dibattimenti che li hanno indotti ad assumere una deliberazione.
Stati come l’Oregon, la California o la Svizzera continuano a utilizzare da decenni con successo gli strumenti di democrazia diretta, mentre la Germania ne sta intensificando l’utilizzo a livello locale: evidentemente si tratta di forme efficaci ed efficienti di esercizio della sovranità popolare se chi le utilizza non vuole eliminarle e chi non le ha introdotte cerca di farlo.
Il professor Cassese cita alcuni articoli critici dell’Economist, ma sarebbe più utile rileggere gli studi di molti accademici come Kirchgessner, Feld, Frey o Matsusaka che hanno dimostrato empiricamente il rapporto positivo tra democrazia diretta e benessere economico.
Peraltro sono gli stessi strumenti del diritto internazionale che pongono la questione della partecipazione ai processi decisionali. Pensiamo ad esempio alla Convenzione di Aarhus, ma anche la stessa Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che dedica l’articolo 21 al diritto di partecipare direttamente al governo del proprio paese.
Il nostro obiettivo è in conclusione quello di portare l’Italia al livello delle democrazie più avanzate che integrano in sé democrazia diretta e rappresentativa adottando le best practices in materia. D’altra parte è la nostra Costituzione a prevedere espressamente gli strumenti di partecipazione che vogliamo sviluppare anche con l’introduzione di nuovi modelli. Vogliamo che i cittadini possano partecipare direttamente ai meccanismi decisionali perché condividiamo in pieno la convinzione di uno dei padri costituenti, Costantino Mortati, che credeva nella democrazia parlamentare e al tempo stesso definiva il popolo “il più qualificato organo politico dello stato democratico”.
Riccardo Fraccaro è il ministro per i Rapporti con il Parlamento e la Democrazia diretta
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