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Nuzzi contro Casaleggio

Salvatore Merlo

“I cronisti non si cacciano. A Ivrea non avevo capito che cosa era successo”. Intervista con Nuzzi sul caso Iacoboni

Roma. “E’ stata una scelta personale di Davide Casaleggio. Una decisione sua. Sbagliata. E che io non condivido in nessun modo”. Parla pacato, pulito, rotondo, Gianluigi Nuzzi. E parla prima dell’uscita pubblica con la quale Davide Casaleggio, ieri, su Facebook, ha rivendicato la decisione di aver escluso, sabato scorso, un giornalista sgradito dal festival “Sum” di Ivrea.

 

“Per me il rispetto delle opinioni diverse è imprescindibile”, dice Nuzzi, il conduttore di “Quarto grado” su Rete 4, l’autore dei famosi scoop (processati e censurati) sul Vaticano. “A Ivrea non avevo capito quello che era successo”, racconta. “Ero stato informato male”, spiega. E si riferisce al momento fatale di sabato pomeriggio, quando a Enrico Mentana, che sul palco rimproverava l’organizzazione del festival dedicato alla memoria di Gianroberto Casaleggio per aver impedito l’accesso a un giornalista della Stampa, Jacopo Iacoboni, Nuzzi ha risposto difendendo la scelta di aver tenuto fuori il giornalista. “Sono contento di poter chiarire pubblicamente. Per noi giornalisti è un momento molto delicato”, dice adesso Nuzzi. “La coperta è sempre più corta. Gli editori hanno meno risorse. La bombola dell’ossigeno si riduce. E la politica, che da sempre ci vede con un certo fastidio, si fa più forte nei tentativi di censura”. Il vero capo del Movimento cinque stelle ha un rapporto problematico con la libertà di stampa. E’ un problema serio. “Davide Casaleggio non è il capo del M5s”.

 


Gianluigi Nuzzi (foto LaPresse)


 

Ma cos’è successo a Ivrea? “Mi stavo organizzando nel retropalco per l’incontro pubblico. In una situazione in cui dovevo gestire decine di cose, di ospiti, gente che faceva domande, gente che spariva… quando a un certo punto ho saputo che una persona si era intrufolata in sala con un badge taroccato, un accredito fasullo. Così, quando Mentana ha citato il fatto, io ho ripetuto quello che sapevo, che credevo di sapere, davanti a tutti. Perché obbiettivamente entrare con un badge falso non è il massimo della vita, specialmente perché lì i posti sono pochi, appena mille”.

 

 

Capita spessissimo di arrivare a un evento senza accredito, poi prevale però il buon senso di tutti. “Ma certo”, dice Nuzzi, col tono dolce di chi chiarisce gli equivoci e concilia i dissidi. “Io mi ero fermato alla questione formale… Ho sbagliato. Ma bisogna tenere conto del contesto. Ce n’erano altri che non riuscivano ad accreditarsi… C’era un operatore della Rai che non era potuto entrare… Tieni conto che su mille persone in sala, io mi ero battuto per avere il maggior numero di giornalisti possibile: cinquanta. Ma questo ormai non ha nessuna importanza. Perché domenica sera ho capito quello che era successo veramente. Anzi ho avuto la certezza che il giornalista era stato escluso perché sgradito al presidente dell’associazione. Una cosa inaccettabile”.

 

Non è una cosa stupida, oltre che forsennata, escludere un giornalista da un evento pubblico? Non è più controproducente, per Casaleggio, di dieci, o forse anche cento articoli critici? “Io questo l’ho sempre detto a Davide. I giornalisti hanno il diritto di essere critici, persino faziosi. Davide però ha un atteggiamento diverso. Lui dice: ‘Questo signore ha infangato mio padre, e io non lo faccio entrare in una giornata dedicata alla sua memoria’. Personalmente non sono affatto d’accordo, nemmeno con questo ragionamento. Spesso con Davide abbiamo posizioni diverse. D’altra parte avevo discussioni accese anche con Gianroberto”.

 

Quando l’hai conosciuto Gianroberto? “Tra il 2008 e il 2009. Lui venne a parlare di web agli autori di Chiarelettere, la mia casa editrice. E poi da lì ogni tanto ci si confrontava, ci vedevamo”. Eravate amici? “Per me l’amicizia è quella che nasce dall’infanzia. Gli amici erano dieci, e sono rimasti dieci. Però Gianroberto era una persona che aveva visioni interessanti”. E Davide chi è per te? “E’ un ragazzo perbene, un imprenditore, un uomo con il quale mi confronto all’interno dell’associazione Gianroberto Casaleggio, di cui io sono un iscritto dalla fondazione”. Come ti ripari dal sospetto di essere organico al mondo grillino? “L’associazione è culturale… Io non sono organico al M5s. E sul palco, l’anno scorso, l’ho anche detto chiaro e tondo. E la gente mi ha applaudito. Poi ovviamente se uno vuole pensar male può farlo, e ha diritto di farlo. Però io so bene come sono fatto”.

 

E a questo punto la domanda è inevitabile. Forse nessuno avrebbe pensato male fino in fondo se Nuzzi non fosse sposato con Valentina Fontana, l’amministratore delegato di Visverbi, l’azienda, cogestita con Barbara Castorina, che tra le altre cose fa l’ufficio stampa di Casaleggio a Ivrea. L’impressione che Nuzzi si fosse abbandonato a una difesa d’ufficio dell’organizzazione del festival è probabilmente derivata anche da questo fatto. Non c’è un conflitto d’interessi? “Mia moglie fa l’imprenditrice, fa il suo mestiere. Mentre io sono un volontario”, risponde allora Nuzzi, in tono di aperta e franca rivendicazione. “Sono un volontario dell’associazione Casaleggio, che ho aiutato a crescere da privato cittadino. Mia moglie ha organizzato l’ufficio stampa. Certo. Ma tra le due cose non c’è rapporto. Quello del conflitto d’interessi è un pensiero così malizioso, e non veritiero, che faccio persino fatica a percorrerlo. Cosa c’entra? Valentina organizza rassegne culturali per qualsiasi tipo di committente”.

 

E detto questo Nuzzi però non arretra di un passo sul punto dirimente. “Uno deve avere la libertà di scrivere quello che vuole, e va rispettato”, dice. “Se poi diffama, ci sono dei luoghi civilmente preposti alla rivalsa nei termini di legge. A Ivrea sabato il clima era buono. Prima che succedesse questa storia avevo preso un caffè con quel collega di ‘Piazza Pulita’ che era entrato qualche giorno prima alla nostra cena romana, con una telecamera nascosta. Malgrado tutto era lì, a Ivrea. E parlavamo. Nel più assoluto rispetto reciproco. I giornalisti fanno i giornalisti. A volte bene, altre male. Ma fanno il loro mestiere. E io non li percepisco come identità politiche. Non vanno percepiti come identità politiche”.

 

E a Davide hai provato a spiegarlo? “Gliene ho parlato. E lui rimane nella sua posizione”. Ed è un problema, visto che è il leader di fatto del più importante e votato tra i partiti di questo paese. Ed è uno che non si fa nemmeno intervistare per davvero, perché accetta solo domande scritte per mail. “Non credo che lui sia un leader così importante nel Movimento. Davide è una voce”. Sarà.

 

Se fossero stati Berlusconi o Renzi a cacciare un giornalista, cosa sarebbe successo? “Sarebbe successo esattamente quello che è accaduto. Ma questo non significa che Davide sia il capo di un movimento politico”.

 

Il Fatto quotidiano ci avrebbe scritto un titolo a nove colonne, non tre righe in un pastone: la solidarietà è pelosa. “Sì. Certo. Come le strumentalizzazioni politiche che sono state fatte su questa vicenda. Però permettimi di dire che sono dispiaciuto per quello che è successo. Il mio lavoro, libero, per me è irrinunciabile. E sono convinto che Iacoboni l’anno prossimo sarà a Ivrea”.

 

Bisognerà convincere Casaleggio. “Iacoboni sarà a Ivrea”, ripete Nuzzi, facendo seguire una pausa intensamente declamatoria. Come se volesse dire: o così, o non ci sono nemmeno io.

 

Domenica, e ancora ieri, il Pd ha usato questa storia di Ivrea per criticare il Movimento cinque stelle. Luigi Di Maio invece non ha detto nulla. Ha invece espresso solidarietà a Paolo Del Debbio, la cui trasmissione è stata chiusa da Mediaset. Ripeto: la solidarietà è pelosa. E ciascuno tira dalla sua parte. “C’è il piano di chi strumentalizza, di chi ‘puccia’ il biscotto nelle cose”, risponde Nuzzi. “E poi ci sono quelli che fanno le domande. I giornalisti. Per questo penso che i giornalisti, per esempio, non dovrebbero mai candidarsi alle elezioni. Generano confusione. Per me il giornalista è un incaricato di pubblico servizio, lo è tecnicamente. Io non mi candiderò mai”.

 

Secondo te il silenzio di Di Maio non è complice? O perlomeno strumentale, come il bau bau del Pd? “Di Maio ha spiegato, tramite l’ufficio stampa del M5s, in concomitanza con i fatti di Ivrea, l’origine della faccenda. Cioè che il giornalista era stato respinto su richiesta di Casaleggio. A me questo intervento mi è sembrato ultroneo. Non si è capito a che titolo parlano quelli del M5s. Compreso Alfonso Bonafede. L’unico preposto a parlare è Davide, che è il presidente dell’associazione Casaleggio. A me non piace affatto questa commistione di cose con il M5s”.

 

Però la commistione c’è perché è tutto molto poco chiaro nel cosmo grillino. Per non dire opaco. “Io sono per ruoli separati”, risponde Nuzzi. “L’associazione non è casa del Movimento cinque stelle. E se parla qualcuno, per spiegare una situazione difficile, non può essere qualcuno del Movimento. Il Movimento non c’entra niente”.

 

Ma se quelli del Movimento parlano per conto dell’associazione, vuol dire che questa commistione c’è nei fatti. “E a me questo non piace. Inoltre non è così. Spero si faccia chiarezza. E spero che la chiarezza e la trasparenza siano i binari di questa locomotiva. Anche per quanto riguarda il ruolo di Davide. Spero che quando un giornale fa delle domande, riceva delle risposte e non dei silenzi”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.