Matteo Renzi

Fi e Lega con M5s: guida alle convergenze parallele

David Allegranti

Renzi può soltanto auspicare la nascita di un esecutivo sfascista, l’alternativa è lo schema Franceschini (con aiutino al Cav.)

Roma. “Noi possiamo solo stare fermi. Non possiamo essere usati da Cinque stelle e Lega come grimaldello per regolare i loro conti”. Un neo senatore vicinissimo a Matteo Renzi spiega perché la linea attendista del Pd sembra tenere. Almeno per tutta la giornata. D’altronde, la partita sulle presidenze di Camera e Senato hanno scelto di giocarla altri, che da giorni provano a verificare il grado di resistenza del Pd e dei suoi gruppi parlamentari alla tentazione di rinunciare alla ferma opposizione. C’è il centrodestra che al Senato propone come presidente Paolo Romani, il M5s che rifiuta adducendo vecchie condanne per peculato e Matteo Salvini che, a metà pomeriggio, introduce Anna Maria Bernini, provando a stanare sia il partito di Luigi Di Maio che Forza Italia, dando il via a una serie di minacce sulla coalizione di centrodestra destinata così ad andare in frantumi. E’ insomma l’ora dei popcorn, vista dal centrosinistra.

 

E infatti il Pd continua a guardare che cosa combinano i vincitori; l’idea è non sporcarsi le mani, per questo i parlamentari renziani ripetono che la cosa non li riguarda, che che devono vedersela “loro” (finché “loro” decidono di proporsi nomi a vicenda sperando che il Pd abbocchi; le cose naturalmente cambierebbero nel caso di un presidente “di garanzia”, con un alto profilo istituzionale). Matteo Renzi, all’esordio da neo senatore di Scandicci e Lastra a Signa, in pubblico al mattino parla di film visti (molto bello Borg-McEnroe), di abbonamenti a Netflix, di partite di tennis, di libri (“Essere John McEnroe”), in serata, quando è chiaro che il centrodestra sta cappottando come un’auto in curva sull’asfalto bagnato, parla d’altro, cioè di politica, ma solo per dire che “tocca a loro, punto. Tocca a loro, basta. Lo dico dal 5 di marzo. Per me la discussione è chiusa, poi vediamo”. E’ lo schema renziano fin dal giorno dopo le elezioni: il governo M5s-Lega deve nascere e il Pd può soltanto auspicare e favorire, si fa per dire, la nascita di questo esecutivo. Anche perché l’alternativa è lo schema Franceschini, che invece vorrebbe aiutare Forza Italia a tenere il centrodestra lontano dal M5s.

 

In ogni caso, anche il Pd non può reggere a lungo alle pressioni e ai corteggiamenti. Dice Renzi, non a caso: “Maurizio Martina è il segretario. Leggo anche che non ci sono più renziani, anche se non lo penso… Per me prima prima finisce meglio è, anche politicamente”. Prima finisce, prima finirà anche la tensione sul Pd, che ciclicamente viene corteggiato da tutti, con il rischio che lo spirito dei 101 torni ad aleggiare (spirito che, in realtà, stavolta potrebbe colpire un po’ tutti i partiti; ormai anche il M5s ha le sue correnti e nel centrodestra sembra essere bomba libera tutti).

 

Il partito di Luigi Di Maio ha provato a indebolire la linea della fermezza facendo trapelare l’intenzione di un voto favorevole per Luigi Zanda, poi è circolata la voce di un voto favorevole per Emma Bonino. Tutte cose fatte per minare, dicono nel Pd, la stabilità del gruppo. “La Bonino presidente del Senato? Io la sosterrei anche a voto palese, figuriamoci chi può avere qualcosa da dire su Emma, sarebbe ora che una donna diventi seconda carica dello Stato”, dice per l’appunto Monica Cirinnà a Radio Rai 1. Eventualmente, lei preferirebbe Anna Maria Bernini o Maria Elisabetta Casellati? “Io per una donna farei di tutto, non sta a me scegliere, voglio bene a tutte e due, ho un ottimo rapporto con entrambe”. Nel Pd però c’è anche chi pensa che proporre una candidatura anziché attendere le mosse degli altri non sia del tutto sbagliato, anzi. E’ il caso di Francesco Boccia, ma anche di Gianni Cuperlo. “Sulla questione delle presidenze di Camera e Senato sono contrario ad accordi che potrebbero prefigurare sostegni politici al centrodestra. Bene l’appello del Pd a indicare per i vertici istituzionali personalità autorevoli e di effettiva garanzia. In questa logica l’ipotesi di avanzare una nostra candidatura per la presidenza del Senato si profila come un atto di coerenza”. E per la verità, pare che pure l’ex segretario Renzi avesse indicato la senatrice a vita Liliana Segre come candidata al Senato. Un modo per evitare, forse, le contromosse del M5s.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.