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La tranquillità della non-agenda

Redazione

Il discorso di fine anno di Mattarella e la responsabilità restituita ai partiti

Il breve e sobrio discorso di auguri del presidente della Repubblica ha mostrato aspetti tipici e già noti del carattere di Sergio Mattarella: propensione alla riflessione, calma ed equilibrio. In un momento politico ovviamente teso, come quelli che precedono una verifica elettorale, l’appello del presidente a non adottare toni apocalittici, a ricordare il carattere fisiologico delle elezioni in una democrazia ha un significato. Persino la sottolineatura dei limiti costituzionali delle sue funzioni – che non gli permettono di dettare “l’agenda – assume un valore responsabilizzante nei confronti dei partiti, che per quanto non messi benissimo sono tornati ad essere il motore necessario del parlamentarismo italiano. Molti suoi predecessori, che si erano ispirati nelle prime fasi del mandato a una linea di effettivo non intervento nella dialettica politica, lo hanno poi concluso in modo assai diverso. Mattarella (che peraltro è ancora nella prima parte del settennato) si è invece limitato a indicare l’esigenza di una legge elettorale omogenea per i due rami del Parlamento, e ha ricordato con soddisfazione che questa indicazione è stata seguita. L’appello più rilevante alle forze politiche è quello che chiede di guardare al futuro, cioè di non chiudersi nei risentimenti delle controversie che le hanno divise in passato. E’ l’appello della saggezza, quello a far prevalere le ragioni e gli interessi sulle passioni: un appello sempre valido e quasi sempre ignorato. In una fase in cui le passioni sembrano prevalere anche nel flemmatico popolo britannico o nella pacifica Catalogna, con effetti destabilizzanti che portano a vicoli ciechi, questo appello ha però un senso ancora più stringente.

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