L'ex ministro Enrico Costa (foto LaPresse)

Manovre al centro per allargare la coalizione del Cav. Parla Costa

Paolo Emilio Russo

L'ex ministro del governo Gentiloni sta creando un quarto "petalo" per sostenere il centrodestra: "Alla fine vincerà Berlusconi"

Roma. Innanzitutto non chiamatela “quarta gamba”, casomai “quarto petalo”. Altrimenti Enrico Costa, già un sacco di cose e infine ministro per la Famiglia con Paolo Gentiloni, dimessosi lo scorso 19 luglio per contrasti sullo ius soli con l’allora leader del suo partito, Angelino Alfano, si infastidisce. Eppoi guai a definire la creatura che sta provando a creare “partito”: l’ex dirigente di Ap ha in mente una via di mezzo tra un movimento (senza struttura) e una sigla tradizionale, cioè una roba del Novecento, una specie di semi-partito. “I cittadini oggi si sentono di centrodestra o di centrosinistra, ma faticano a riconoscersi nei singoli partiti. Ecco perché è necessario che si allarghino le coalizioni, si offra loro una alternativa civica, nuova”, spiega. Tra una chiacchiera nel corridoio fumatori della Camera dei deputati col ministro (superstar) Carlo Calenda e una telefonata con gli aggiornamenti dal Senato, dove si vota il Rosatellum destinato a cambiare gli schemi in vista delle prossime elezioni, stronca le ipotesi di corse solitarie: “O di qua o di là; ogni ipotesi di un centro che si presenta da solo è velleitaria e non servirà nemmeno a lucrare posizioni in caso di un pareggio alle elezioni”. Lui ha scelto il centrodestra. Secondo Costa oltretutto non ci sarà alcun pareggio: “Tira un’aria diversa in tutta Europa e penso che alla fine il centrodestra conquisterà la maggioranza dei seggi. La nostra iniziativa va nella direzione di rafforzarlo con una lista civica nazionale, che provi ad attrarre i voti di quegli elettori non di centrosinistra che avevano contribuito al 40 per cento del Pd alle Europee ma oggi sono disposti a guardare altrove”, dice. Lui, che con Matteo Renzi si è seduto per anni in Consiglio dei ministri, è convinto di sapere come. I contorni dell’operazione e la sua ispirazione sono riassunti in due parole: “Siamo liberali e popolari”. Nel programma ci saranno proposte per la legittima difesa e per il processo giusto (che è un vecchio pallino di Costa, che è stato anche viceministro alla Giustizia), contro la burocrazia e per la libera iniziativa, insomma tutto il côté liberale classico.

 

Al “quarto “petalo” si sono già interessati Scelta Civica, Fare di Flavio Tosi, Idea di Gaetano Quagliariello e alcune sigle storiche (e poco presenti) come i Liberali e il Partito Repubblicano. “Tutti sono disposti a rinunciare al loro marchio, a fare un passo indietro e a convogliare le loro esperienze in una lista unica, di frontiera, nuova”, spiega. E’ quasi fatta pure con Stefano Parisi con la sua Energie per l’Italia e forse pure con Raffaele Fitto e Direzione Italia. Meno propenso a rinunciare al suo simbolo – per questioni di marketing politico – sembra al momento Lorenzo Cesa con la sua Udc. Già così, però, gli animatori del listone liberale-popolare sono quotati al tre per cento: “E’ l’obiettivo minimo”, ammette Costa. Il suo sogno – par di capire – è quello di riuscire a coinvolgere un non-allineato come Vittorio Sgarbi. Se con precedente sistema il listone liberale-popolare era inevitabile per garantire la sopravvivenza, col Rosatellum non è più così: basterà l’1 per cento per godere del riparto dei seggi. A chi gli chiede come evitare che il listone cui sta lavorando, “facendo avanti e indietro, mediando con tutti, piano piano…”, si trasformi in un riciclatoio di personale politico, risponde secco: “Chi aderisce alla nostra proposta lo fa rinunciando a un simbolo, facendo un passo indietro, perché preferisce affermare un percorso piuttosto che tenersi un posto. E se quello che presentiamo è un progetto civico, è evidente che dovremo investire su persone che oggi si trovano nei comuni, nelle regioni, costruire una cosa non in laboratorio, ma coinvolgendo”.

 

Il quarto petalo del centrodestra può servire soprattutto al sud, dove la Lega nord non garantisce i numeri che ha altrove e i forzisti arrancano. Ecco perché Silvio Berlusconi sta incoraggiando questa operazione, come altre simili. Come in biologia esiste la “riproduzione per gemmazione”, con una creatura-madre che cede una propaggine del suo corpaccione per creare un figlio, Forza Italia rinuncia a dirigenti per dare loro modo di costruire sigle nuove, con le quali allearsi. Il risultato è che alle prossime Politiche il Cavaliere potrebbe guidare uno schieramento numeroso, con molti simboli, che si oppone al Pd solo o con pochissimi compagni di strada. “Vedo un Berlusconi inclusivo, che non mostra i muscoli per il suo partito o per superare Matteo Salvini, ma che vuole far vincere il centrodestra unito”, rivela Costa.

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