Matteo Renzi alla Camera dei deputati (foto LaPresse)

Come funziona l'armada renziana che combatte le fake news grilline

Claudio Bozza

Nella guerriglia digitale al M5s servono professionisti di social network e viral marketing, ma soprattutto soldi. Storyteller, megafoni e guastatori: chi c'è dietro la “fabbrica digitale” voluta da Renzi

Le urne anticipate si avvicinano e la “fabbrica digitale”, voluta da Renzi contro le fake news grilline, lavora con i motori al massimo. Da un mese, cioè da quando è stato rieletto segretario del Pd con percentuale bulgara, Renzi ha fatto scattare il piano studiato per difendersi e attaccare il M5s sul terreno cardine del consenso e del loro successo: internet e i social network. Per il leader Dem, incassato l’accordo con Forza Italia sul proporzionale modello tedesco, è quindi il momento perfetto per scatenare l’offensiva, scendendo a combattere il Movimento sul web, ambito che finora il Pd aveva snobbato, ritenendo quei toni urlati controproducenti nella ricerca di consensi. Invece, piaccia o meno agli elettori di centrosinistra, Renzi ha stimato che non aver adottato una strategia forte sui social per contrastare le bufale grilline durante la campagna sulle riforme sia costato tra il 5 e il 10 per cento al referendum costituzionale. Per combattere questa battaglia, virtuale nei modi ma vitale per i voti, servono però due cose: professionisti competenti sui social network e viral marketing (finora mancanti e messi insieme da Renzi con il tempo), ma soprattutto soldi. Già perché la guerra contro il M5s, per i sondaggi ancora sopra al Pd, costa un bel po’.

Se per la campagna per il Sì sono stati spesi quasi 10 milioni, con pessimi risultati, stavolta Renzi sta tenendo sotto diretta sorveglianza la nuova “fabbrica digitale”, sulla quale sta dirottando importanti somme di denaro raccolte grazie ai finanziatori nei forzieri della Fondazione Open e del Pd. Questo “tesoretto” serve appunto a foraggiare l’armata per la “guerriglia digitale” composta da giovani e smanettoni del web, in cui ognuno ha il suo compito: c’è il narratore che dà forma e racconta in modo avvincente le mosse politiche di Renzi e i suoi, il “megafono” sui social (Facebook in primis) e il “guastatore”, che ribatte, condiziona e orienta le discussioni sui social network. Dietro a ogni missione c’è un gruppo organizzato, guidato da una persona.

  

Lo storytelling, il racconto in stile americano tanto caro a Renzi, è affidato al team guidato da Simona Ercolani. L’autrice della trasmissione tv Sfide, un grande successo Rai basato sui racconti delle storie del grandi campioni sportivi, assieme alla sua squadra gestisce, ad esempio, i profili Facebook “In cammino” (mutuato da En Marche, dopo il successo di Macron in Francia) e “Lingotto ’17”. Tra i vari obiettivi, quello più importante è dare enfasi al racconto dei traguardi raggiunti dal governo Renzi e poi, via via, da quello di Gentiloni. La Ercolani, moglie dell’ultrarenziano Fabrizio Rondolino, è molto stimata dall’ex premier: è stata consulente per Palazzo Chigi e con la sua società di produzione, la Stand by me, ha già ricevuto diversi incarichi, ad esempio per la realizzazione dei mini video a sostegno del Sì (mitico quello in cui Meg Ryan simula un orgasmo nel fast food di Harry ti presento Sally).

   

C’è poi il fronte del “megafono”, che da qualche settimana salta all’occhio per la forma e i toni decisamente più alti. Questo fronte della battaglia digitale è capitanato dal toscano Alessio De Giorgi, già direttore del portale gay.it e abile manovratore di Facebook. E’ lui che gestisce il profilo “Matteo Renzi news”, una specie di notiziario per social network, aggiornato di continuo e tarato sui temi e le polemiche del giorno, chiaramente con un taglio più che renziano. I toni, dicevamo, vengono tenuti molto alti. E pure la forma è piuttosto “grillina”: per dare massimo risalto a ogni post vengono utilizzate le crocette (+++). Inoltre, per viralizzare e diffondere al massimo questi contenuti, sempre su Facebook vengono utilizzate formule come “Massima condivisione!!!”, “Ultim’ora”, “Basta bufale grilline. Ecco tutta la verità”. E’ sempre il profilo gestito dal team di De Giorgi, che, in questi giorni, aveva viralizzato il fotomontaggio con Renzi e Totti e la scritta: “Orgogliosi di questa generazione, due grandi capitani”, sollevando le ironie di tanti, e pure il disconoscimento (di circostanza) dell’ufficio stampa del Pd.

Nella task force anti Grillo c’è infine la squadra dei “guastatori”, tutti ragazzi tra i 20 e i 30 anni, forse quella più strategica. Un team che, inizialmente messo insieme da Marco Carrai, aveva già lavorato senza sosta per la campagna referendaria. A coordinarlo, oggi, c’è il giovane Alexander Marchi, capogruppo del Pd in Consiglio comunale a Scandicci ed un tempo ultrà bersaniano. Il gruppo di giovani può operare da qualsiasi posto, basta una semplice connessione internet, ma come quartier generale ha gli uffici di Borgo Pinti, affittati dall’ex premier come base fiorentina, proprio al fianco dell’hotel Four Season dove da quando non è più premier organizza incontri a pranzo, lontano da occhi e orecchi indiscreti romani.

È questo probabilmente il cuore della “fabbrica” anti fake news grilline: i “guastatori”, impossibile parlarci perché hanno la consegna del silenzio, creano e muovono su Facebook e Twitter profili fittizi (dietro a cui non c’è una persona vera, ma solo un manovratore virtuale, punto chiave della strategia vincente grillina sui social) che, a colpi di post e tweet, ribattono alle bufale e agli attacchi di sostenitori e truppe virtuali del M5s. Una strategia di guerra, urlata e all’ultimo post, finora contestata duramente dai dem. Ma le cose cambiano, anche dai nemici si cerca di prendere il meglio.