Beppe Grillo (foto LaPresse)

Roma in ostaggio del dr. Gribbels

Redazione

Dopo il No alle Olimpiadi e allo stadio Grillo pretende il riscatto

Lo stadio non si fa, anzi si fa, macché, si fa ma più piccolo. Alla fine, come per ogni cosa a Roma e nel M5s, ha deciso Beppe Grillo: si fa, ma da un’altra parte. Dove? Non si sa. Dopo aver bocciato lo stadio di Tor di Valle – un investimento da un miliardo e mezzo di euro di soldi privati, di cui un terzo destinato a opere pubbliche – il ragionier Grillo Giuseppe espone sul Sacro Blog il suo piano per Roma: “Lo Stato deve fare una legge per la Capitale”, una legislazione “privilegiata” con “finanziamenti privilegiati”. Come se non bastassero i soldi che i contribuenti versano per ripianare il debito capitolino, Grillo prima decide di rinunciare a miliardi di investimenti privati per salvaguardare la tettoia diroccata di un ippodromo abbandonato – e ai relativi introiti fiscali per il comune e crescita economica e occupazionale – e poi presenta il conto della politica del No ai cittadini del resto del paese. La stessa cosa era accaduta dopo il No alle Olimpiadi, quando la portavoce del ragionier Grillo Virginia Raggi chiese al governo di avere comunque i soldi per finanziare i Giochi olimpici che non c’erano più.

 

E anche all’epoca il sottosegretario De Vincenti spiegò alla Raggi che Roma è il comune più aiutato dallo stato, grazie ai soldi per finanziare il debito sborsati da tutti dagli italiani. Non è una coincidenza, si capisce ci troviamo di fronte a una strategia: Grillo prende in ostaggio la Capitale e i suoi 3 milioni di abitanti, dà dimostrazione di essere in grado di fare loro del male e chiede il riscatto al governo e agli italiani. In genere le richieste successive in questi casi sono un elicottero e banconote di piccolo taglio.

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