L'asse naturale tra i professionisti del no

Redazione

Roma, lo stadio e la convergenza tra burocrazia ottusa e immobilismo grillino

L’inaspettato intervento della sovrintendenza ai Beni archeologici, che mette vincoli ostativi alla costruzione dello stadio della Roma, apparentemente ha complicato la scelta che compete all’Amministrazione della Capitale. In realtà, però, questa decisione della burocrazia, fin troppo tempestiva, permette a Virginia Raggi di prendere tempo, in modo da non finire nella tenaglia delle opposizioni interne al M5s che si sono rafforzate dopo le dimissioni dell’assessore all’urbanistica Paolo Berdini – dimissioni motivate anche con la sua opposizione al progetto. L’atto della sovrintendenza, che a quel che si dice ha stupito e indispettito il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini (da cui dipende), nasce dall’esigenza di tutelare l’impatto visivo dell’ippodromo di Tor di Valle, che non è il Colosseo, e poco tempo fa sembrava destinato alla demolizione.

 

Ora verrà facile al Movimento 5 stelle gettare la colpa dell’immobilismo sulle interferenze dalla tempistica sospetta della burocrazia ministeriale, ma in sostanza questa circostanza inattesa permette di dare ai grillini un altro obiettivo polemico e di contenere le dissidenze interne dell’ala ecologista del movimento. La logica grillina è sempre la stessa: gridare molto e non fare niente. Purtroppo questo atteggiamento è in sintonia con una vasta mentalità popolare, il che spiega almeno in parte il suo successo elettorale. Rifiutando di assumersi delle responsabilità – e di operare scelte – si paralizza tutto e si creano o aggravano situazioni disastrose. Ma poi basta spiegare che è tutta colpa della politica, della burocrazia, dello Stato… e si va avanti, cioè si sta fermi, felici e contenti.

 

E’ vero che le contraddizioni e le lungaggini delle burocrazie e la complicazione della catena decisionale creano ostacoli formidabili alla possibilità di intervenire su situazioni complesse e di assumere decisioni. Per i grillini, però, quelli che per le altre amministrazioni sono ostacoli e vincoli spesso insopportabili, sono invece una manna caduta dal cielo. Potersi esimere dalle decisioni avendo per giunta un alibi che permette persino di lamentare interferenze dei poteri esterni è la massima fortuna che potesse capitare. Franceschini dovrebbe togliere quell’alibi quanto prima, in modo da imporre al Campidoglio l’esigenza di operare una scelta, non per astio, ma per garantire il diritto della città a essere amministrata.

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