Il ministro dell'Istruzione, Valeria Fedeli (foto LaPresse)

La Buona scuola è proprio finita

Redazione

Il dietrofront sui docenti “deportati” demolisce un’idea riformista

Sarà il clima di appeasement post referendum, sarà per la campagna elettorale già iniziata, per il Pd specie al sud: può essere tutto, ma la decisione del governo di concedere ai docenti che con la riforma si erano trasferiti al nord di ottenere il ritorno a casa, con ben quindici opzioni di sede, è una clamorosa sconfessione dei princìpi della (ex) Buona scuola, e un’ancora peggiore ingiustizia rispetto ad altre categorie meno protette. Non solo. Il frutto della trattativa diretta con i sindacati del neoministro dell’Istruzione Valeria Fedeli, ex sindacalista della Cgil, scavalca il Parlamento che quella legge l’ha votata. E come afferma Mario Rusconi, vicepresidente dell’Associazione nazionale dei presidi, “privatizza la scuola al contrario, con gli insegnanti proprietari dei loro posti” a danno degli studenti e delle rispettive famiglie, che dovrebbero essere i destinatari dell’insegnamento, oltre ovviamente a finanziarlo come contribuenti. I numeri parlano da soli. Nel centro-nord ci sono 26.361 cattedre disponibili e 8.733 insegnanti; nel centro-sud le cattedre sono 14.192 per 30.692 insegnanti. Docenti, questi ultimi, assunti in gran parte come precari senza concorso nelle famigerate liste provinciali. Visto che non si possono trasferire gli studenti dalla Lombardia alla Campania o dalla Toscana al Veneto, la riforma aveva concesso la stabilizzazione purché i professori senza cattedra andassero dove c’è bisogno. Come per ogni altra categoria di lavoratori, privata e anche pubblica.

 

 

Un esempio tra tanti: gli specializzati della medicina. Da lì le proteste in tv e in piazza dei “deportati”, insegnanti che considerano terribile il lavoro a Torino o Verona, ovviamente anche per difendere “il diritto allo studio” di classi inesistenti a Caltanissetta o Crotone. E il rifiuto, la deroga di un anno. Ora l’ammainabandiera: da aprile chi dal sud è andato al nord potrà chiedere il ritorno a casa, e se lì non ci sono posti indicherà fino ad altre quindici opzioni nelle province vicine. Il ministero dell’Istruzione calcola 50mila spostamenti; i sindacati, che cantano vittoria, almeno 200mila. E si preparano a dar battaglia su un altro punto, la chiamata e la valutazione di merito da parte dei presidi. Altro che “education, education, education” di Tony Blair mutuato da Matteo Renzi: siamo in pieno “Quo Vado?” di Checco Zalone.

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